Il no svizzero ai minareti

Il referendum di domenica 29 novembre ha votato il divieto di costruire nuove moschee nella Confederazione. La paura dell'islamizzazione dell'Europa e l'evidenza dei numeri. Il buon senso è necessario per "salvare" il continente.
minareto

Recenti proiezioni statistiche, assai realistiche, di istituti di ricerca francesi e tedeschi, fissano in un anno tra il 2045 e il 2055 il passaggio tanto temuto: i musulmani saranno più dei cristiani nel Vecchio continente. Non facciamo più figli, noi “europei-europei”, mentre gli “europei-stranieri” ne fanno tre o quattro volte di più, in particolare gli arabi e gli africani di religione musulmana. Abbiamo voglia a demonizzare e a combattere l’invasione degli immigrati: se dall’oggi al domani tutti gli stranieri venissero allontanati dal nostro Paese – e gli industriali, anche del nostro Nord-Est lo sanno bene – il sistema produttivo italiano si fermerebbe, soprattutto in quelle fabbriche, come quelle metallurgiche, dove il lavoro è più gravoso e pericoloso.

 

La Svizzera, dunque, dice no alla costruzione di nuovi minareti. C’è chi plaude – da noi, in particolare, la Lega – e chi invece, come i vescovi della Confederazione, lamenta un attacco alla libertà di religione. I primi parlano della necessità di stabilire una “reciprocità” tra la costruzione delle chiese nei Paesi a maggioranza musulmani e delle moschee nei Paesi a maggioranza cristiana (una polemica di geopolitica ormai vecchia: chiedere la reciprocità spetta allo Stato Vaticano?), i secondi restano ancorati ai principi di una sana liberalità nel campo della fede, come predicato non solo dalle Chiese cristiane europee, ma persino dalla cultura laicista di origine illuminista.

 

A noi di Città Nuova preme sottolineare per l’ennesima volta come ogni deroga alla libertà religiosa sia un arretramento nella via dell’umanizzazione della vita sociale e politica, nazionale e internazionale. Ma c’è di più: usando ragione e buon senso, di fronte all’ineluttabile “invasione musulmana”, appare evidente come a poco serviranno i muri, frutto di una visione assolutamente miope della realtà. Magari tali muri potranno ritardare di qualche anno il “cambio di maggioranza”, ma aggravando sensibilmente il clima di tale avvicendamento. Più ci mostreremo pregiudizialmente ostili all’Islam, meno riusciremo a “passare” ai “musulmani-europei”, a vivere con loro quei valori cristiani da tutti condivisibili che sono alla base della costituzione stessa dell’Europa, checché se ne dica, quelle radici che l’hanno fatta grande, unica. Valori che, nel caso contrario, rischierebbero seriamente di scomparire.

 

Infine, tre corollari: primo, gli “europei-europei” ricomincino a fare figli: ai politici sta l’imperativo di operare per favorire la maternità con leggi che favoriscano la famiglia, invece di distruggerla sistematicamente. Secondo, marciamo verso una seria integrazione degli stranieri: agli stessi politici sta il compito di guidarla con buon senso e senza rincorrere le paure. Terzo corollario, riservato ai cristiani: è loro il compito di dimostrare che il cristianesimo non è solo una cultura, ma una fede che cambia la vita personale e civile.

 

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