Il nido famiglia Una nuova frontiera
Con il rischio di cadere anch’io nel più banale dei luoghi comuni, dico che le famiglie non sono al centro dell’agenda politica in questo Paese. Al contrario, si fermano ai gradini più bassi di un ipotetica scalinata nazionale. L’Italia, infatti, investe solo lo 0,9 per cento della ricchezza nazionale nelle politiche familiari (Eurispes). Un dato che relega il nostro Paese alla bassa classifica nell’Unione europea. Ora, con lo stesso paradosso se è nato prima l’uovo o la gallina, non si comprende se è l’esiguità di risorse destinate alla famiglia sia una causa immediata della scarsa natalità oppure se ci sia dell’altro. Ovviamente una generosa politica familiare è basata su strumenti di natura economica e fiscale, di reddito e di altre solide forme di sostegno. Siccome il discorso si farebbe lungo e difficile, noi entriamo, invece, in una porticina secondaria, ma importante delle politiche di sostegno alla famiglia, quella dei servizi per la prima infanzia. Infatti anche in questo fronte il nostro Paese si caratterizza per una rilevante e cronica carenza di servizi I posti in asilo nido, a livello nazionale, nel 2005 hanno un tasso di copertura del 9,9 per cento infatti, su 162.855 posti disponibili, 1.645.000 è il numero di bambini di 3 anni non compiuti. Ma da qualche anno si affaccia nel panorama delle politiche sociali una nuova realtà: i nidi familiari. Essi presentano alcuni aspetti innovativi: oltreché offrire nuovi posti, vista la forte penuria descritta, coniuga le necessità delle famiglie con quelle delle istituzioni, dà una nuova possibilità di assunzione di ruolo promozionale alla famiglia, oltre a promuovere una nuova forma di piccola imprenditoria sociale, aprendo possibilità di lavoro a tante donne giovani e meno giovani. Ne abbiamo parlato con Rita Loner Zecchel, trentina di nascita, e precisamente di Palù di Giovo, lo stesso del campione di ciclismo Francesco Moser. Anche lei, a suo modo, ha pedalato e pedala tantissimo come donna, mamma di 5 figli, nonna, imprenditrice, impegnata nel sociale. Da tantissimi anni è in Lombardia dove è amministratore delegato di tre aziende con 230 dipendenti. Ma la sua idea imprenditoriale varca i cancelli industriali e sbarca nel settore sociale. Nel ’96 mette a punto il metodo Happy Child – Educazione Tempestiva (www.happy-child.it) che mira a sviluppare le capacità di apprendimento nei primissimi anni di vita. Nel 2000 utilizza il metodo pedagogico Happy Child per farne un progetto di imprenditoria femminile. Il network è attualmente in pieno sviluppo e si sta imponendo all’attenzione dei genitori, delle aziende, dei media anche per il forte impulso dei nidi familiari. Recentemente Città Nuova Editrice ha pubblicato il libro Il genio femminile e l’impresa, a cura di Paolo Tarchi e Michele Colasanto, che contiene la sua esperienza a proposito. Signora Loner Zecchel, cos’è dunque il nido familiare? Il nido famiglia è un’istituzione giovane in Italia che da qualche anno si sta diffondendo in alternativa al nido tradizionale; il modello è ispirato alle Tagesmutter trentine, le mamme di giorno che, da tempo, come nei Paesi Nordici, accolgono i più piccini (di età infe- riore a 3 anni) nella propria casa, per accudirli mentre mamma e papà lavorano. Ma siamo a livello di iniziative di buona volontà… Ora non è più così. Ci si muove anche dal punto di vista legislativo. Le Regioni si stanno muovendo: il primato per la regolamentazione di questo modello, dopo il Trentino Alto Adige, spetta alla Lombardia. Ma anche in altre regioni è ora possibile implementare il nido in casa come il Piemonte, il Veneto, l’Emilia Romagna e ora si muove anche il Lazio. Vogliamo approfondire l’argomento? Pur considerando i diversi orientamenti regionali possiamo affermare in linea di massima che il nido famiglia è una piccola struttura educativa, realizzata preferibilmente in casa, destinata ad ospitare 3-6 bambini di età inferiore ai 3 anni, che nasce di norma con la partecipazione delle famiglie stesse. Tutta la normativa è alquanto recente e molto snella dal punto di vista burocratico: quasi tutte le regioni non richiedono procedure per l’autorizzazione. Nella maggioranza dei casi è richiesta la semplice autocertificazione o comunicazioni da inviare al comune di appartenenza che si riserva la facoltà di vigilare, insieme alla Asl, sull’operato. Le Regioni tra accesi dibattiti interni stanno cercando soluzioni più o meno semplici. Siamo di fronte a una nuova forma di sussidiarietà? Dal punto di vista delle istituzioni, la spinta al privato-sociale nel favorire questo tipo di soluzioni flessibili e diversificate è scaturita sia dalla necessità di ampliare l’offerta di servizi, sia dall’opportunità di avere maggiore flessibilità negli orari di apertura e un calendario scolastico più ampio con l’offerta ad esempio di servizi estivi e durante le festività. Il nido famiglia, accogliendo un numero ristretto di bambini, offre normalmente un servizio personalizzato e flessibile. Una nuova opportunità per le famiglie? Credo che il nido famiglia evidenzi l’importanza e la centralità della famiglia, riconoscendone ruolo e responsabilità primaria nel contesto educativo. Con queste leggi si è voluto privilegiare lo sviluppo del terzo settore e dell’associazionismo, valorizzando lo sviluppo di reti di solidarietà familiare e mutuo aiuto. Il nido in casa è un’ottima soluzione per tutte quelle mamme che in seguito ad una maternità, non vogliono tornare alla precedente professione ma preferiscono dedicare il loro tempo alla cura dei loro bambini senza dover rinunciare ad un reddito: la maternità diventa così una professione. Molte donne che invece hanno abbandonato il loro lavoro proprio per dedicarsi alla famiglia arrivate ai 40 anni vorrebbero rientrare nel mondo del lavoro ma lo trovano chiuso. Anche per questa categoria di donne il nido famiglia rappresenta una opportunità realistica e di grande soddisfazione. Questa tipologia di nido, grazie anche alla spinta data proprio dalle istituzioni attraverso finanziamenti e agevolazioni, è diventata un’opportunità di lavoro per tante famiglie. Ma quanto costano questi servizi? Il costo è abbastanza contenuto rispetto ai nidi tradizionali a condizione che non si proceda ad una gestione centralizzata che richiederebbe l’impiego di supervisori, coordinatori, organizzatori e amministratori che ne annullerebbero il vantaggio economico e toglierebbero, soprattutto, la giusta flessibilità di un servizio di welfare leggero, burocraticamente parlando, si intende. AL CENTRO IL BAMBINO È un dibattito ancora in corso, se il nido sia un luogo di custodia o una risorsa per il bambino. Diventa un’esperienza positiva, se il contesto è adeguato e facilitante per far emergere in lui quelle competenze sociali precoci che gli studi di psicologia evolutiva hanno dimostrato. Il bambino infatti è un soggetto attivo di relazione fin dalla nascita. Il nido familiare mette insieme un contesto tipico del mondo infantile, la casa, e in più quello extra-familiare. L’ambiente deve essere ben attrezzato e adatto alle sue esigenze. Soprattutto, la professionalità degli educatori è determinante. Questi entrano in relazione di reciprocità con il bambino e sono un consulente oggettivo per i genitori. Se il nido è in grado di fare questo percorso, è senz’altro una risorsa per aiutarlo a crescere.