Il Nepal nella morsa fra India e Cina
Alla tragedia provocata dalle scosse telluriche che hanno distrutto molto del Paese e fatto migliaia di vittime, si è aggiunta dal settembre scorso mancanza di bombole a gas per cucinare, di petrolio e prodotti derivati (benzina e diesel), di generi alimentari e medicine. Il tutto è stato generato da un blocco nelle comunicazioni con l’India, creato dalla comunità Madhesi. Il contenzioso riguarda il complesso processo della definizione della nuova Carta costituzionale nepalese. Infatti, nei mesi scorsi il Parlamento di Katmandu ha approvato una nuova Costituzione, che aveva suscitato le aspre e, a volte, violente reazioni di alcune comunità locali, soprattutto i Madhesi, che si sentivano discriminate per motivi amministrativi. Da settembre le popolazioni che si trovano al confine con l’India, i Madhesi appunto, che occupano le pianure, hanno dato vita a questa iniziativa che sta mettendo in ginocchio il Paese.
Tuttavia, l’opinione della gente e, non solo – ho parlato di questo anche con una personalità religiosa di rilievo – è che dietro alla manifestazione della popolazione locale ci sia il Grande Fratello vicino di casa verso sud: l’India. Il gigante del sub-continente aveva, da tempo, fatto pressioni presso il piccolo stato himalayano affinchè esso si definisse come ‘repubblica indù’. La cosa non sembrerebbe problematica in sé se si pensa che tradizionalmente il Nepal è sempre stato ‘un regno indù’ fino al termine della monarchia avvenuta alcuni anni fa. Con l’avvento della democrazia e le forti spinte determinate anche dalla guerriglia filo-cinese di stampo marxista-comunista, il Paese ha sterzato chiaramente verso un profilo più laico. Pur rimanendo in larghissima maggioranza di tradizione e religione indù, sta cercando, almeno sulla carta, di evitare connotazioni religiose settarie. Proprio qui sta il nodo che molti in Nepal sono convinti costituisca il vero problema.
L’India, che oggi ha un governo guidato da Surendra Modi, molto vicino ai gruppi del fondamentalismo indù, in particolare il Rāṣṭrīya Svayansēvaka Saṅgha, il cosiddetto RSS, e la Vishwa Hindu Parishad, non ha gradito la scelta del vicino di casa e ha fatto forti pressioni per una connotazione religiosa chiara che potesse essere evidente nella stessa Costituzione. La Carta nepalese, nonostante tutte le pressioni, ha mantenuto un profilo laico e dall’estate scorsa è iniziato un braccio di ferro che sta mettendo in ginocchio il Nepal, ufficialmente attraverso popolazioni locali, ma in effetti da parte del ben più potente Paese confinante. Il blocco si è concentrato proprio sui prodotti che il Nepal non può produrre e per i quali dipende interamente dall’India. Il tutto avviene dopo il tremendo terremoto della scorsa primavera. Oltre alla difficoltà della ricostruzione, quindi, si ha il problema della sopravvivenza. Non solo nei villaggi, ma anche nella capitale si cucina ormai con la legna, la benzina e il diesel vengono distribuiti in razioni irrisorie e sono disponibili solo al mercato nero. Gli ospedali stato esaurendo le loro riserve di medicinali.
La gente, sia pure caratterizzata da grande dignità, come tutti i popoli delle montagne, sfiora la disperazione con un Paese praticamente da ricostruire. A questo, nelle ultime settimane si è aggiunto un altro elemento. Si è sparsa la notizia, supportata da un servizio della BBC, che presto ci sarà un nuovo terremoto e di magnitudo superiore a quello che ha colpito il Paese lo scorso anno. La gente vive, dunque, nel terrore di una distruzione del poco che è rimasto e con l’impossibilità di una ripresa.
A fronte di questa situazione, il governo cinese ha mostrato segni di incoraggiante apertura verso il Nepal. La strada di accesso dal Tibet, mai del tutto chiusa, è ora in via di sgombero da frane e da interruzioni varie. La Cina da sempre attenta a monitorare la situazione politica e geopolitica degli Stati himalayani, spesso con abili infiltrazioni di guerriglia comunista, è ora pronta a spalancare le sue porte permettendo l’arrivo di aiuti e il passaggio di generi di prima necessità. Sono giochi di geopolitica della regione himalayana che vanno al di là del Nepal e che fanno parte dei complessi equilibri fra i due giganti dell’Asia che ora rischiano di stringere il loro piccolo vicino di casa in una morsa dolorosa.