Il negoziato, solo rimedio al caos libico
Dopo la firma dell'accordo politico firmato il 17 dicembre scorso, approvato dal Consiglio di sicurezza dell'Onu il 23 dello stesso mese, restano solo poche settimane di tempo per la formazione, in Libia, di un governo di unità nazionale. Ma quali sono i nodi da sciogliere? Un'analisi dal blog Unum multiplex
Nonostante i disastri provocati proprio da un improvvido intervento militare nel 2011, ci sono ancora commentatori, analisti, politici che si ostinano a ripetere che il caos libico possa essere risolto solo con una robusta azione di forza internazionale. Si vede che le lezioni della storia sono difficili da apprendere.
Il groviglio libico è fatto di molteplici elementi. Anzitutto, la divisione del Paese in almeno due grandi fazioni, quella "legittima" (perché riconosciuta dalla comunità internazionale) del Parlamento di Tobruk, e quella insediatasi per le vie di fatto a Tripoli. Quest'ultima ha una matrice riconducibile all'islamismo politico, ma le cose non sono così semplici. Il ruolo della componente etnica e tribale è ancora forte in Libia, e ciò non fa che moltiplicare le pretese di governo sia a livello locale che nazionale, con una pletora di interlocutori che considerano sé stessi come la soluzione al disordine e all'anarchia.
In questo scenario già di per sé intricato, si inserisce l'Isis, il sedicente stato islamico, che ha occupato la roccaforte di Sirte, snodo nevralgico economico e militare, con un'ulteriore dimostrazione di violenza omicida anche contro la popolazione civile.
Inoltre, la dissoluzione di un governo centrale ha favorito il prosperare di traffici di ogni genere, primo tra tutti quello – crudele, barbaro e assassino – di essere umani, migranti da ogni dove che cercano la salvezza e il futuro in Europa. Pare infatti che la "mente" dello smistamento dei migranti sia proprio in Libia. Ecco perché la soluzione delle molteplici crisi libiche passa solo dalla costruzione di un credibile governo di unità nazionale, capace sia di battere l'Isis sia di fermare le stragi dei richiedenti asilo nel Mediterraneo.
Come ha ormai riconosciuto anche l'Egitto di Sisi, il negoziato, per quanto lungo e lento, è l'unica soluzione al caos libico che possa dare una qualche garanzia di stabilità. È quello che per diversi mesi ha tentato di fare l'inviato delle Nazioni Unite, Bernardino León, con varie sessioni negoziali a Ginevra e altrove, spesso con scarso appoggio internazionale. Risultato raggiunto da Martin Tobler, nuovo mediatore dell'ONU, che ha trovato un sostegno molto più deciso dalla comunità internazionale, materializzatosi nell'approvazione all'unanimità da parte del Consiglio di Sicurezza, il 23 dicembre 2015, della risoluzione sul futuro politico della Libia, che legittima e ufficializza l'accordo politico firmato il 17 dicembre 2015 in Marocco. Ora le parti hanno 30 giorni per la formazione di un governo di unità nazionale con Tripoli capitale. Una strada impervia e irta di ostacoli, ma l'unica percorribile.