Il monito di Napolitano sulle carceri
Ha scelto la via formale e istituzionale, quella che gli attribuisce il secondo comma dell'articolo 87 della Costituzione, e lo fa scrivendo alle due Camere con dodici pagine fitte fitte in cui affronta la questione e richiama la politica alle proprie responsabilità e al lavoro. Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con tutto il carico della propria autorità fa sentire la propria voce su uno dei temi più attuali del nostro Paese e che spesso divide: l'emergenza carceri. Una lettera in cui è lo stesso Napolitano a spiegare le motivazioni del suo gesto: «per porre a voi con la massima determinazione e concretezza una questione scottante, da affrontare in tempi stretti nei suoi termini specifici e nella sua più complessiva valenza», si legge nel messaggio.
Continua poi dicendo: «Parlo della drammatica questione carceraria e parto dal fatto di eccezionale rilievo costituito dal pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo». «Quest'ultima – sottolinea il Presidente -, con la sentenza – approvata l'8 gennaio 2013 secondo la procedura della sentenza pilota – (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati».
Una sortita inaspettata per alcuni e che sta di nuovo riconquistando le prime pagine di giornali e siti, come se la questione fosse nuova. Ma c'è di più. Perché adesso è lo stesso Presidente della Repubblica, a parlare senza mezzi termini di un intervento deciso e risolutivo parlando apertamente di indulto e amnistia. Ma subito sono montate le polemiche, perché per qualcuno questo non sarebbe altro che un salvacondotto per Silvio Berlusconi. L'attacco arriva dai “cittadini” del Movimento cinque stelle, ma viene subito rispedito al mittente con tono sdegnato dallo stesso Napolitano che risponde «Chi tira fuori questo tema è perché non ha altro in mente e dimostra di non occuparsi dei problemi del Paese».
In tempi non sospetti, Città nuova si era occupata delle condizioni delle carceri con due articoli. L'ultimo faceva il punto della situazione a diversi mesi di distanza della sentenza della Corte di Strasburgo, per cercare di capire cosa fosse effettivamente cambiato. In realtà le condizioni detentive, nonostante i pronunciamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), erano di fatto rimaste invariate. Un’inchiesta dalla quale era risultato quanto di fatto Napolitano ha denunciato nel suo discorso. A raccontare come si continua a vivere dietro le sbarre erano stati degli specialisti: avvocati, garanti dei detenuti delle carceri e associazioni. Questo il quadro: celle piccole e affollate, umide, troppo fredde o troppo calde, poco spazio per le attività e soprattutto pochi fondi insufficienti per cercare di tamponare una condizione detentiva sempre più esplosiva. Carenze strutturali e di personale che il nostro sistema penitenziario trascina ormai da anni e che trova solo di tanto in tanto una soluzione tampone con provvedimenti ad hoc e mai pensati a lungo termine. Così siamo tornati a chiedere agli stessi esperti un commento alle parole di Napolitano e alla querelle che si è venuta a creare attorno.
«Il messaggio di Napolitano – afferma Alessio Scandurra, componente dell'associazione Antigone – ripropone di nuovo un tema era già sul tavolo e peraltro noto a tutti. Ma dato che non accadeva niente, che il tempo stringe e la scadenza della Cedu si avvicina e che non ci sono provvedimenti per cui realisticamente non si sia condannati, credo che il messaggio del Presidente sia importante«. «Anche perché – aggiunge Scandurra – immagino che non si voglia fare la figura da “pecioni” che altri invece sembrano poter digerire, e quindi pone, in definitiva, l'amnistia come unica soluzione da attuare in tempi brevi». Una corsa contro il tempo dunque a cui la politica è richiamata dalla più alta carica dello Stato e l'unica soluzione sembra essere l'amnistia.
«Credo che non sia così che si fanno le politiche penali e penitenziarie – commenta ancora Alessio Scandurra, però in questo Paese non si è agito diversamente. Il fatto paradossale è che magari si riesce a mettere assieme una maggioranza di due terzi per votare l'amnistia, con costi politici pesanti a livello elettorale, piuttosto che adottare riforme a maggioranze semplici che in definitiva siano anche durature. Visto che a quanto pare una cosa così normale non sembra fattibile, allora ha ragione Napolitano sull'amnistia, che risulta essere, in questo momento, la conseguente incapacità di fare altro», conclude sconfortato.
Necessità ribadita anche da un'altra voce autorevole in materia di condizioni detentive e che arriva da Palermo, dal coordinatore dell'Unione forense per la difesa dei diritti umani, sezione siciliana, il penalista Ermanno Zancla, promotore e co-amministratore del “Libro bianco carceri”, iniziativa per la tutela dei diritti dei detenuti. «Quello di Napolitano è, al di là del messaggio, un atto dovuto – spiega l'avvocato Zancla -. Certo, capisco che si tratti di misure che possano non piacere e che nell'opinione pubblica possano far nascere un senso di insicurezza, preoccupazioni, tutti motivi peraltro comprensibili ma non condivisibili visto che non ci sono dati che dimostrino un aumento esponenziale di violenze a seguito di questi provvedimenti». «Possono anche sembrare una sconfitta per il nostro Paese – aggiunge il legale palermitano -, ma allo stato attuale rappresentano l'unica soluzione al problema.
D'altra parte, al momento non di possono nemmeno ipotizzare soluzioni diverse, come la costruzione di carceri nuove e adeguate per le quali occorrerebbero anni e soldi che, come si sa, non abbiamo a disposizione. Il problema deve essere risolto perché si tratta di una emergenza umanitaria e oltretutto ce lo impone anche l'Europa, con una sentenza della Cedu». «Il Presidente – conclude Zancla -, quindi, ha solo sollecitato ciò che si dovrebbe fare velocemente».
Parla anche Gianluca Arrighi di atto dovuto e soprattutto condivisibile. Il noto penalista romano che dalle storie professionali di cui si occupa trae spunto per noir di successo spiega: «Il messaggio del Presidente Napolitano non può che essere condiviso. Il Capo dello Stato ha doverosamente sollecitato il Parlamento a prendere atto di una situazione carceraria che è a dir poco drammatica. Il disumano sovraffollamento degli istituti di pena è un problema che ormai non può più essere rinviato. È la stessa Europa che ce lo impone. Certo, i provvedimenti di clemenza, come l'amnistia e l'indulto, rappresentano sempre una sconfitta per lo Stato. Ma è altrettanto vero che nelle carceri italiane vivono oggi più di 60.000 persone in condizioni contrarie ai più elementari diritti umani. Non devono essere i detenuti a scontare, quasi come l'inflizione di una pena ulteriore, l'inefficienza dello Stato che da troppo tempo rinvia l'attuazione di un efficace piano di edilizia carceraria».
«L'amnistia e l'indulto – conclude il penalista romano – non risolvono il problema del sovraffollamento, è vero, ma devono rappresentare il punto di partenza per affrontare una volta per tutte questa tragica emergenza». Solo qualche giorno fa, lo stesso Arrighi si sfogava sul suo profilo facebook per la condizione delle carceri, parole amare ed espressioni dure per spiegare anche la sua scelta di diventare uno scrittore: «Scrivere storie criminali mi serve anche per esorcizzare tutto il male che vedo ogni giorno nel mio lavoro. Rimango un ottimista e voglio continuare a sperare in un mondo migliore».
Sulle critiche del movimento Cinque Stelle al messaggio di Napolitano, il parere di tutti gli interpellati è pressoché unanime: fuorviante rispetto alla materia e soprattutto non pertinente dato che l'amnistia non riguarda direttamente Berlusconi. «Quello dei Cinque stelle è in parte un discorso che sta fuorviando rispetto al tema carceri – precisa Scandura -, perché il provvedimento non è per Berlusconi e non avrà un contenuto in grado di salvarlo. Tradizionalmente l'amnistia non copre le questioni che lo riguardano e le pene accessorie. Però è un bene che tirino fuori questo argomento, perché quando si vedrà che non lo riguarda, al massimo forse solo marginalmente, magari vorrà che dire che ci sarà terreno possibile perché anche loro la votino».
Gli fa eco il coordinatore dell'Unione forense per i diritti dei detenuti, l'avvocato Zancla: «Per quanto riguarda i rilievi fatti dai Cinque stelle, ricordo che sono anni che Napolitano fa dichiarazioni di questo genere, quindi non sono certo dell'ultimo minuto. Anzi – conclude il penalista palermitano -, ritengo che proprio questo sia il momento migliore per affrontare il tema carceri, proprio ora che Berlusconi è di fatto “fuori gioco” e che l'amnistia non lo riguarda, si può ragionare al di fuori della logica Berlusconi sì, Berlusconi no».
Caustiche le parole dell'avvocato Arrighi: «I Cinque Stelle in questo caso sbagliano. Dovrebbero tutti farsi un giro nelle carceri prima di parlare».