Il momento di Enrico Letta

Anche dall'estero si guarda al nuovo esecutivo, ma ancor di più ai rapporti di forza al suo interno. La consueta rassegna stampa internazionale
Il presidente del Consiglio Enrico Letta

«Il momento di Enrico Letta»: è in poche parole che il Financial Times riassume la situazione politica italiana vista dall'estero, dove l'incarico conferito ad una personalità assai meno nota degli ultimi capi di governo ha suscitato parecchio interesse. Il New York Times lo definisce «un leader italiano ed un acrobata politico», grazie alla sua «riconosciuta capacità di negoziare e al suo dono di costruire ponti tra parti politiche avverse». Certo, ammette, le difficoltà non mancano – e cita la crisi economica, il disagio sociale, e un Pd «a pezzi»; ma essendo, «con i suoi 46 anni, il più giovane primo ministro della storia repubblicana, l'età gioca a suo favore in una nazione in cui la domanda di cambiamento e rinnovamento generazionale risuona come grido di battaglia di una gioventù spodestata e in larga parte disoccupata».

Anche il Financial Times riconosce «la sua reputazione di costruttore di ponti, che sarà utile nel dialogare con Silvio Berlusconi». Tuttavia proprio quest'ultimo sarebbe «un alleato inaffidabile, come ha dimostrato il fatto che ha inaspettatamente staccato la spina al governo Monti»: per cui non solo «è poco probabile che il suo governo duri a lungo», ma Letta dovrebbe anche «essere realistico riguardo a ciò che il suo esecutivo può ottenere: […] dovrebbe dare la priorità alle riforme istituzionali, piuttosto che a quelle di politica economica». Questo perché «l'Italia ha bisogno di un governo forte per metterle in atto, e questo ora non c'è: Letta dovrebbe mirare ad un nuovo assetto politico, che apra la strada ad un significativo cambiamento economico».

Il belga Le Soir, che di lunghe ed estenuanti attese per la formazione di un governo ne sa qualcosa – essendo il Paese rimasto senza esecutivo per oltre un anno –, titola «Un governo nato nel dolore»: un «sottile equilibrio tra politici e tecnici, che gli italiani attendevano da due mesi. E in quanto all'Europa, anche questa tira un sospiro di sollievo». Se lo dicono da Bruxelles, c'è da crederci.

Dalla Francia, Le Figaro apprezza soprattutto il fatto che si tratti di «un governo di riconciliazione», che dovrà tuttavia confrontarsi con «un Paese sull'orlo del precipizio, che non mostrerà alcuna indulgenza verso l'azione del governo». Per farlo, Letta «si è circondato di solite competenze»: tra questi cita Saccomanni, «apprezzato all'estero uno dei primi a preconizzare interventi della Bce per difendere l'euro», e Giovannini, «un alto funzionario a cui è affidata la lotta contro la disoccupazione». Ad ogni modo, «il grande vincitore in questo braccio di ferro è stato Silvio Berlusconi: la nuova squadra di governo vede nei posti chiave uomini e donne che gli sono molto vicini […] e ha fatto sì che il ministero della Giustizia, molto sensibile per lui, sia andato ad una personalità senza etichetta politica come Anna Maria Cancellieri».

Anche El Paìs pone l'accento su come «il vero risultato è che ancora una volta Berlusconi ha ottenuto ciò che voleva: non solo cinque ministri, contro i nove dei Pd e i tre di Scelta Civica, ma il punto cruciale è che la chiave dell'ossigeno rimane nelle mani di colui che negli ultimi vent'anni ha maneggiato a suo piacimento la politica italiana, sia che vincesse sia che perdesse alle urne». Il quotidiano madrileno si domanda da un lato quanti elettori del Pd sarebbero d'accordo con quest'alleanza; ma dall'altro, «è legittima anche la domanda opposta: quanti sarebbero stati d'accordo con un no a Berlusconi che avrebbe impedito la governabilità dell'Italia in un momento così difficile? L'intersezione di queste due domande si chiama Enrico Letta: il suo governo odora della vecchia Dc e dell'influenza dei poteri forti, ma anche di speranza e di rinnovamento che si incarna nel volto nero e sorridente di Cecile Kyenge».

E proprio al neoministro dell'integrazione dedica un articolo il Guardian, «Il primo ministro di colore della storia italiana», che oltre a riferire degli attacchi della Lega Nord alla Kyenge, fa anche notare come siano due – lei e la Idem – i naturalizzati italiani nel nuovo esecutivo. La seconda, tuttavia, «non ha causato alcuna controversia»: due pesi e due misure?

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