Il miracolo più atteso

La vita non è più la stessa, se si fanno incontri speciali. E' accaduto a Roberta e Pierluca Ballico.

Roberta è appena tornata a casa a Lonigo (Vicenza) da Roma, dove ha seguito l’urna dei beati Zélie e Louis Martin, i genitori di santa Teresa di Lisieux. Ha ancora negli occhi la Sala Nervi gremita e il piccolo Pietro Schilirò, il bambino miracolato dai coniugi Martin, che tende le braccia al papa e gli snocciola un sonoro «ti voglio bene!». Roberta lo guarda e con gli occhi vorrebbe dire molte cose alla mamma Adele. Ma si trattiene, piangerebbero entrambe di commozione fra tanta luce diffusa.

Roberta racconta della sua famiglia dopo l’incontro con santa Teresa e con i suoi genitori; dei tre figli Pietro, Giacomo e Giovanni, del ragazzino affidato a lei e a Pierluca, suo marito; e di Teresa, la figlia arrivata come un dono e vissuta appena un mese… ma ridonata. Per lei, che avrebbe ora la stessa età di Pietro Schilirò, i coniugi Ballico avevano pregato i Martin perché la loro piccola potesse sopravvivere allo stesso male. Ma non è stata la stessa cosa, anche se il cuore con sofferenza ha detto il suo sì, come a un bene più grande.

 

Roberta e Pierluca, giovani sposi, diciassette anni fa si mettono subito alla ricerca del vero senso del matrimonio. Le guide avute sin lì sono state le amicizie coltivate con persone consacrate, semplici, che li hanno fatti sentire teneramente amati. Entrambi, sentendo il peso della solitudine di tanti figli rifiutati, vedono nelle case-famiglia il dolore alleviato e la speranza diventare concretezza. Così aprono casa e cuore all’affido. Conoscono l’esperienza della comunità Papa Giovanni XXIII e quando non arriva il terzo figlio tanto desiderato capiscono che devono mettersi in ascolto per leggere ciò che è richiesto nelle loro esistenze.

Racconta Roberta: «Ad un certo punto della nostra vita abbiamo conosciuto il carmelitano padre Antonio e abbiamo fatto nostro il suo commento all’indissolubilità del matrimonio. In Africa, quando doveva spiegare la natura del sacramento, doveva ricorrere ad un’analogia molto efficace: l’acqua e la farina mescolate e diventate pane non possono poi ritornare quali erano prima. Così fa il matrimonio di due persone. Colpiti da questa concretezza, senza troppe riflessioni, gli abbiamo parlato di quel figlio atteso che non arrivava: cosa voleva dire per noi, che vedevamo tanti bambini rifiutati?».

Padre Antonio suggerisce loro di chiedere a santa Teresina questo dono. E quando il mese successivo Roberta si accorge di attendere un figlio, gratitudine, stupore e gioia riempiono la famiglia Ballico. Sarà una gravidanza serena e il 3 dicembre 2002, con un parto normalissimo, viene alla luce Teresa.

Durante la notte però la piccola ha una crisi respiratoria che impone un ricovero un po’ avventuroso presso un ospedale specializzato. La neonata è in pericolo di vita e i genitori chiedono il battesimo. Operata una volta, sospesa fra la vita e il cielo, parla, senza saperlo fare, della verità dell’esistenza e del miracolo di un respiro. Intanto arriva il Natale e i due fratellini la vanno a trovare ed esclamano il loro stupore davanti a tanta bellezza. È il loro Natale e Gesù è venuto a incontrarli così.

Tutti pregano per la piccolina. Ai genitori di santa Teresina è stato chiesto il miracolo della guarigione, come è già accaduto per Pietro Schillirò. Potrebbe accadere di nuovo, se è volontà di Dio. Gli amici veri, tra cui padre Antonio, circondano Roberta e Pierluca di affetto e premure, perché la famiglia sia serena e unita, pur nella sofferenza.

Purtroppo gli interventi medici non possono più nulla e resta solo l’ultimo tenero e accorato saluto dei genitori. È il 3 gennaio 2003. Teresa ha un mese. Tutto accade per un bene più grande, si ripetono Roberta e suo marito. Ma quanta sofferenza ancora oggi, a distanza di tempo.

«Sono passato dalla delusione al dono – ricorda Pierluca –. Dovevo guardarlo bene in faccia questo dolore, perché l’ho tanto amata questa bambina, nel fragile tempo della sua vita terrena. Poi sulla strada sono apparsi questi due beati, due genitori, imprenditori, gente come me, e ho pensato che la santità non è poi cosa lontana, non richiede di fare cose straordinarie… ma di vivere la realtà accogliendola e offrendola come dono. Il tempo è trascorso, è arrivato un bambino in affidamento e poi Giovanni, nel gennaio successivo».

 

Roberta, Pierluca e i loro figli si erano recati a Lisieux nel 2003 la prima volta, poi il 19 ottobre 2008 per la beatificazione dei coniugi Martin. Lisieux è diventata un po’ la loro casa. E si sentono di casa in questa famiglia a cui hanno legato la propria, affascinati dall’amore e dal rispetto che sta alla base della loro unione.

Finché a Lonigo, nel gennaio del 2009, dopo quelle di santa Teresina, sostano anche le reliquie dei genitori Zélie e Louis Martin. L’urna è donata dalla parrocchia e la ricchissima simbologia proposta da padre Antonio accompagna i beati nel loro viaggio attraverso il mondo, che lui chiama «la loro seconda luna di miele».

La loro storia è un racconto straordinario e severo: nove figli, quattro morti in tenera età, cinque figlie consacrate. Scriveva Zélie: «Louis mi rende la vita dolce. È veramente un santo mio marito, ne auguro uno come lui ad ogni donna». Zélie muore a causa di un tumore, Louis vivrà più a lungo, seguirà da buon papà le figlie, ma dovrà poi affrontare una lunga e invalidante malattia.

Normalità ed eroismo si fondono alla santità di vita. Zélie e Louis camminano verso la proclamazione come hanno vissuto in Terra: uniti, con Dio al primo posto comunque e sempre, una fede incrollabile. Scriveva ancora Zélie: «Il buon Dio è il maestro… mai ci mancherà il suo soccorso e la sua grazia».

Ed ecco perché attorno all’urna è un fiorire di partecipazione e di condivisione, pare che il cielo sia più vicino alle sofferenze di tante famiglie e di tanti sposi e trasformi il buio in speranza. Come per Roberta e Pierluca. 

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