Il miracolo della speranza
Mite e sorridente, il cardinale François-Xavier Nguyen Van Thuan accoglieva sempre i visitatori avanzando verso di loro con entrambe le braccia tese in segno di benvenuto. Parlava lentamente, scegliendo le parole con assoluta precisione. La voce era dolce e il modo di parlare eloquente nella sua semplicità. Era ovvio che le sue semplici idee provenivano da una grande profondità interiore e, per coloro che lo ascoltavano parlare, le sue parole divenivano un invito a riflettere con un esame di coscienza… . Così lo ricorda André Nguyen Van Chau, suo amico di lunga data, nella bella e intensa biografia appena edita da San Paolo, dal titolo Il miracolo della speranza. Nguyen Van Thuan, nato nel 1928 in un sobborgo di Hue, capitale del Vietnam imperiale, è una figura carismatica per i suoi compatrioti. Arcivescovo di Saigon perseguitato dal governo comunista, trascorse tredici anni in carcere e al confino per la sua fede e per la sua attività pastorale. Rimesso in libertà, fu costretto a lasciare il paese e a rifugiarsi in Vaticano, dove fu nominato cardinale. Fino alla sua morte, avvenuta nel settembre 2002, testimoniò quella speranza che non l’aveva mai abbandonato neppure nei momenti più tragici della sua prigionia e che ha fatto di lui, secondo la definizione del papa, un luminoso esempio di coerenza cristiana sino al martirio. L’autore di questo resoconto della sua vita e della sua opera ricorda come per il Giubileo del 2000 Giovanni Paolo II invitò l’allora arcivescovo Thuan a guidare gli esercizi spirituali di quaresima per lui e la Curia romana. Il presule accolse questa richiesta con grande umiltà ed entusiasmo. Il primo giorno del ritiro sbigottì gli ascoltatori, dicendo loro che amava Gesù a causa dei difetti del Signore e proseguì elencandoli. Invece di disapprovare l’arcivescovo per le sue insolite meditazioni, queste affascinarono Giovanni Paolo II e la Curia. Su richiesta del papa, esse furono subito pubblicate in molte lingue. La raccolta, intitolata Testimoni della speranza, rivela l’umiltà e la semplicità di Thuan e illustra il modo in cui toccava il cuore delle persone, permettendo loro di vedere realtà familiari in una luce nuova. Il cardinale – osserva Van Chau – era anche un buon ascoltatore. Parlando con lui, si aveva l’impressione che non ascoltasse solo con l’udito. Sembrava che tutto il suo essere fosse aperto a ricevere qualunque cosa una persona dicesse e a udire e comprendere anche il suo silenzio. La sua porta era sempre aperta a chiunque. Sebbene fosse molto legato alla famiglia e agli amici, né l’una né gli altri hanno mai monopolizzato la sua attenzione. In realtà tendeva a mostrare un po’ d’irrequietezza ogni volta che era troppo a lungo in compagnia di amici, come se stesse rammentando a se stesso che non poteva riservare il suo tempo solo a pochi prescelti. L’autore conobbe Thuan quando aveva 18 anni. I nostri nonni avevano partecipato insieme alla costruzione di una chiesa e da allora le nostre famiglie erano rimaste amiche. In seguito Thuan e io frequentammo il seminario minore di An Ninh, sebbene lui avesse quattro anni più di me. Ciò che mi colpiva di più ogni volta che lo incontravo era la grande cortesia. Mostrava rispetto per tutti coloro che incontrava sul proprio cammino, compresi quelli che lo tradivano, perseguitavano, torturavano, Nonostante la profondità del pensiero, rimaneva semplice come un bambino. Accettava la vulnerabilità come il prezzo naturale per la propria sincerità e schiettezza: caratteristiche certamente difficili da mantenere per lui, tenendo conto del male che tante persone hanno fatto a lui e alla famiglia. Il libro emoziona per gli eventi drammatici e spesso tragici nei quali il personaggio si è trovato coinvolto L’essenziale tuttavia – avverte l’autore – va cercato nella fede che ha accompagnato quei momenti drammatici. I drammi e le tragedie che hanno composto la ricca struttura della sua vita certamente lo hanno influenzato in un modo o nell’altro, ma Thuan è divenuto l’uomo di Dio che era a causa loro e malgrado loro.