Il mio incontro con James Dean
Già celebre per soli due film interpretati con successo, La valle dell’Eden e Gioventù bruciata, aveva da pochi giorni terminato di girare il suo terzo film, Il Gigante, con Liz Taylor e Rock Hudson. Simbolo dell’adolescenza ferita, dell’orfanezza mai colmata, dell’amore impossibile, della creatività pura nella trasparenza dei propri sentimenti, James Dean se n’era andato all’improvviso, lasciando un vuoto grandissimo in quanti lo avevano amato nella vita e nei suoi film.
La notizia rimbalzò in Europa e nel mondo e i giornali ne parlarono con grossi articoli. “E’ morto il Gigante”, così titolava un settimanale che veniva letto nella mia famiglia.
Non avevo ancora compiuto 11 anni, e avrei frequentato quell’anno la prima media. Colpito dal titolo e dalle grandi foto tratte dal suo ultimo film, mi soffermai a lungo su quelle pagine, tanto da esserne travolto emotivamente; quel volto osservato più volte mi divenne più che familiare. Colsi profondamente il senso della tragedia, della vulnerabilità della vita umana, mentre in me nasceva per quel giovane attore un sentimento di amore, simile a quello provato pochi mesi prima per la perdita improvvisa di mio fratello di appena 8 anni.
Da quel giorno, ogni qualvolta intravedevo in qualche rivista un frammento di vita di James Dean o qualche sua foto, ero sempre preso dalla commozione, come se quella vita spezzata continuasse ad appartenermi, così come mi apparteneva quella di mio fratello. Cominciai a collezionare fotogrammi inerenti ai tre film di cui era stato interprete, con la speranza di poterli un giorno vedere.
Ero già all’università quando assistetti alla proiezione televisiva di Gioventù bruciata. Totalmente coinvolto dalla vicenda, mi sentii accomunato al turbamento di quei giovani allo sbando, e pensai che il personaggio che James Dean interpretava era in realtà se stesso: in quel gioco pericoloso delle auto lanciate a velocità altissima sul ciglio di un burrone, il segno premonitore di un destino di fragilità, di delusione e di morte.
Solo qualche anno dopo, in una sala cinematografica quasi vuota mi spersi nella storia de Il Gigante, che mi apparve confusa e poco lineare. Restò nel mio animo a tormentarmi solo il suo sguardo triste e dolorante: rivivevo in quelle immagini il dolore della perdita di mio fratello in un presente che mi appariva incerto e nebuloso. Ripensavo poi a quella giovane vita che aveva sperimentato la solitudine, la perdita della famiglia e mi sembrò di intuire il dolore tanto diffuso nella gioventù che mi circondava e dal quale non ero esente.
Per La valle dell’Eden dovetti aspettare molti anni; avevo già famiglia e tre figli e pubblicato alcuni libri e raccontato altre solitudini, ma anche la scoperta di quell’Amore che salva e rigenera. Mi parve, però, di incontrare in questa pellicola il vero James Dean, che continuava a rivivere per noi le ansie e le speranze della gioventù di ieri e di oggi.
Sono passati 60 anni dal lontano 1955, tuttavia la sua presenza è ancora viva; sulla sua tomba ancora fiori, amuleti, pagine di diario, messaggi di giovani che sostano in silenzio dinanzi al mistero di una morte segnata su una pietra nuda, solo con un nome e due date: 1931- 1955.