Il Messale di ogni giorno
Il grande libro della preghiera cristiana
Tra tutti i libri liturgici il Messale, col Lezionario, tiene il primo posto. Esso ispira e guida la preghiera della Chiesa che celebra l’Eucaristia. Le sue formule, antiche e nuove – a cominciare da quella più veneranda che è il canone, o anafora – risvegliano nella Chiesa la memoria della Pasqua. Anzi, tramite la grande prece e in virtù dello Spirito Santo, nell’Eucaristia diviene presente il Corpo e il Sangue del Signore, e la comunità cristiana viene inserita nel sacrificio della croce.
Il Messale appare così un libro vivo. La Chiesa lo apre per ricordare con fedeltà sponsale l’opera della salvezza; per rendere grazie; per implorare Dio con umiltà e confidenza; per dire la propria speranza; per onorare i Santi, che via via incontra come amici e intercessori lungo l’anno sacro; per aprire alla redenzione di Cristo le varie circostanze; per offrire l’ultima purificazione ai fratelli di fede già morti nel Signore.
In tale maniera, giorno dopo giorno, santifichiamo il tempo, che è tutto ormai sotto la forza e la grazia dell’immolazione del Calvario e che tutto va inserito nella carità di Gesù – che si è consegnato per noi – in attesa della sua venuta (cfr. 1 Cor 11,26).
A questo ci aiuta il Messale con le sue orazioni, i suoi canti, i suoi riti, illuminati dalla Parola di Dio. È uno strumento. Gli accenti passano sulle labbra, i segni si svolgono all’esterno, i gesti appartengono al mondo sensibile: ma dal cuore e dalla fede interiore della Chiesa tutto viene ravvivato.
Così il Messale diventa il libro della pietà cristiana, in stretta congiunzione con l’altro grande libro, quello della Liturgia delle Ore, che prosegue per fissi appuntamenti durante la giornata il rendimento di grazie dell’Eucaristia. Vi si trova la pietà tradizionale; vi si alimenta l’atteggiamento fondamentale del cristiano che offre a Dio lo stesso culto di Cristo.
Il Messale detta i temi, suscita i sentimenti, opera la sintonia spirituale corrispondenti con l’avvenimento della salvezza. È la grande espressione della preghiera oggettiva, sulla quale è misurata l’orazione personale, che interiorizza la prima e la applica al proprio spirito e alla propria storia. Come vi è detto dalla CEI nella presentazione della seconda edizione del Messale italiano (1983): «[Esso] ispirerà e alimenterà la preghiera personale e comunitaria del popolo di Dio, e quindi anche i pii esercizi e le varie forme di pietà popolare» (n. 11).
Studio e meditazione del Messale
Certamente, perché il Messale sia efficace fonte della pietà e ausilio attivo dell’azione eucaristica, non basta che sia ascoltato nei rapidi tratti della celebrazione. Occorre farne materia di studio attento e di illuminata meditazione. Di norma si tratta di testi pregnanti, sintetici, ricchi di dottrina. Nel Messale, e nel Lezionario, ripassa tutto il mistero salvifico: sono gli aspetti fondamentali dell’evento cristiano a essere proposti e a impegnare. Scrive ancora la CEI: è «necessario comprendere e valorizzare sempre meglio la grande potenzialità formativa della riforma liturgica. È perciò necessario che i libri liturgici [e noi precisiamo: particolarmente il Messale] diventino per eccellenza la “biblioteca” del pastore d’anime: punto di riferimento per l’elevazione qualitativa di ogni celebrazione; fonte per la crescita nella fede e nella comunione ecclesiale; sussidio di tutta l’opera di evangelizzazione; guida per la catechesi attraverso le parole e segni della Chiesa» (n. 6). «La lettura continua dei testi della comune preghiera diventerà sempre più una guida della spiritualità dei presbiteri e dei diaconi in unione al vescovo e ne orienterà
E infatti la CEI prosegue: «Lo Spirito del Signore guidi tutte le comunità cristiane a questa più approfondita conoscenza, particolarmente del Messale e del Lezionario, per la continua edificazione della Chiesa e per la sua azione missionaria» (n. 7).
Per una «coralità armonizzata di servizi»
D’altra parte, se riflette e coadiuva la preghiera eucaristica di tutta la comunità cristiana chiamata a prendere parte all’azione liturgica «consapevolmente, piamente e attivamente» per mezzo dei riti e delle preghiere (Sacr. Conc. 48),
il Messale è però assunto e usato secondo la varietà dei ministeri e dei ruoli nella liturgia. A ognuno è assegnato un posto diverso. «I carismi e i ministeri trovano nell’Eucaristia la loro fonte ispiratrice e il campo di esercizio. Nella celebrazione non tutti devono fare tutto, ma tutti hanno un loro compito specifico: ognuno deve compiere quello che gli compete. La partecipazione attiva esige una pluralità di interventi che vanno dal ministrante, al lettore, al salmista, al coro, all’animatore musicale dell’assemblea… In questa coralità armonizzata di servizi, la liturgia offre un’immagine della Chiesa che, in tutte le sue esperienze, si costruisce con l’apporto di tutti» (CEI, n. 10).
Certo il Messale anzitutto è il libro del sacerdote, cui compete la presidenza, che anzi deve acquistare l’«arte del presiedere», cioè «di guidare e animare l’assemblea del popolo di Dio», per cui «per il primo dovrà conoscere a fondo lo strumento pastorale che gli è affidato» (CEI, n. 9).
Finalità di un «messalino»
Questo dice subito la finalità dell’edizione di un «messalino». Essa non mira a indurre i membri dell’assemblea eucaristica a compiere indifferentemente tutte le parti, di lettura e di azione, contemplate dal Messale e dal Lezionario: non invita a operare nella liturgia in senso indistinto e sovrapposto, così che risultino confusi i ruoli differenziati che compaginano il rito; come sarebbe deplorevole se i singoli partecipanti col «messalino» si isolassero in una usufruizione solitaria del libro liturgico. Il suo uso invece è felice e costruttivo quando favorisce un’operosa unanimità, una concordia che proviene dallo svolgimento della propria funzione.
L’identità di intenzione e di risultanza della celebrazione eucaristica si ottiene col rifrangersi articolato nelle varie e proprie funzioni degli «attori».
Però l’uso del «messalino» non si limiterà allo spazio delle celebrazioni. Esso offre lo stimolo e la possibilità di preparare la celebrazione stessa, e di mettersi prima in consonanza con i suoi testi di lettura e di preghiera, con le differenze, le singolarità e i caratteri conformi al tempo liturgico e all’indole particolare che la messa ne riceve. Allo stesso modo, il «messalino» suggerirà di rivisitare quella preghiera, e di rimeditare sulla Parola e sui gesti già compiuti in più tranquilla e agiata riassunzione. Sono testi e segni da riscontrare e da far entrare a poco a poco nella memoria e nella sensibilità.
Vale per tutti quanto dice la CEI: «Lo studio e la meditazione dei testi liturgici aiuterà ad acquistare uno stile di celebrazione, semplice e decoroso, che non si esaurisce in una meccanica esecuzione del cerimoniale, ma penetra l’anima profonda del rito e ne apre i tesori a tutto il popolo di Dio» (n. 7).
E infatti
Questa edizione del «Il Messale di ogni giorno»
Questa edizione del «Il Messale di ogni giorno» è conforme alla seconda edizione italiana del Messale Romano, apparsa nel 1983, mentre le sue letture bibliche sono quelle dei nuovi «Lezionari del Messale Romano», approvati dalla CEI.
Il contenuto di questo «Il Messale di ogni giorno»
«Il Messale di ogni giorno» contiene i formulari – preghiere e letture bibliche – delle messe domenicali e feriali del Proprio del Tempo; quelli delle solennità e delle feste del Signore; i formulari del Santorale – proprio e comune – delle principali messe rituali, una scelta delle messe «per varie necessità», quelli di alcune messe votive e per i defunti, oltre, ovviamente, il rito della messa stessa.
È quindi il libro delle assemblee eucaristiche quotidiane – festive e feriali –: sia nel «giorno del Signore», sia negli altri giorni in cui abitualmente non manca l’eucaristia con un gruppo di fedeli partecipi della mensa del Signore; queste assemblee richiamano ed edificano la comunità cristiana a partire dal Corpo di Gesù e dal suo Spirito; la iniziano a quella «esperienza del mistero cristiano» che «passa attraverso il rito» (CEI, n. 5).
Questo «messalino» quotidiano intende essere un ausilio puntuale e facilmente disponibile, giorno dopo giorno, mentre in attesa del Signore se ne vive già la presenza nella ferialità, dove l’eucaristia irraggia con la sua luce e sostiene con la sua grazia.
Per maggiore praticità i testi delle nuove collette «ad libitum» per il ciclo domenicale A B C non sono lasciate in appendice come nell’edizione ufficiale del Messale, ma collocate subito dopo le collette tradizionali. Com’è noto «i nuovi testi non sostituiscono quelli dell’edizione tipica, ma sono proposti ad una scelta pastoralmente motivata per arricchire i temi della preghiera comunitaria» (CEI, n. 4).
Non mancano, per identico motivo, vari rimandi delle letture: era doveroso rendere il «messalino» possibilmente leggero e portabile.
Introduzioni e commenti
Le parti del Messale, i tempi liturgici, così come i formulari delle Messe e le letture bibliche sono preceduti da un’introduzione o un commento, ci sembra in genere abbastanza sobrio.
In particolare, l’introduzione sintetica al formulario delle Messe è volta a illustrare i testi «eucologici», come si dice, cioè le orazioni e il prefazio, così da avere una rappresentazione del mistero o della festa celebrata. La stessa costituzione liturgica del Vaticano II prevede una catechesi che parta, oltre che dalla sacra Scrittura, dalla liturgia (cfr. art. 52), mentre l’istruzione InterOEcumenici prevede l’omelia come spiegazione di «testi dell’ordinario o del proprio della messa del giorno» (art. 4). È l’aspetto della catechesi liturgica che manca di più, e che non è supplito certamente dalla proposta di orazioni più sonore e frondose, o più rispondenti al linguaggio moderno.
Dopo l’iniziale ritratto del senso della festa, ogni lettura biblica si trova preceduta da commento, inteso a rilevare il contenuto teologico e pratico del testo sacro, colto tenendo conto del contesto celebrativo in cui è inserito e che gli conferisce attualità.
Non mancano infine catechesi illustrative sul rito e sull’ordinamento liturgico, la cui conoscenza può favorire una più consapevole e attenta partecipazione alla celebrazione dell’Eucaristia.
Senza dubbio ogni commento è solo funzionale e secondario: non più di un avvio e di una proposta. Ciò che conta è l’assimilazione dei testi stessi – a cominciare dalla sacra Scrittura – sui quali si devono soffermare l’interesse, lo studio e l’assimilazione.
La fede e la liturgia
Un ultimo rilievo. Se la liturgia deve preoccuparsi di avere un linguaggio perspicuo per chiarezza e accessibilità, e diciamo anche attualità, tuttavia non ogni linguaggio chiaro è per ciò stesso liturgicamente valido. Occorre anzitutto che il linguaggio liturgico esprima l’ortodossia della fede, che manifesti l’accoglienza e il consenso della Chiesa al mistero della salvezza. Non è priva di ingenuità e di ambiguità una certa preoccupazione per un linguaggio adeguato alla cultura dell’uomo d’oggi. Potrebbe avvenire che un linguaggio sia sì trasparente, ma non proclami compiutamente il Credo; che ridondi per esempio nell’elogio della promozione umana, ma sottaccia il Vangelo e diluisca la grazia facendola coincidere con traguardi ricondotti alla dimensione dell’uomo.
La condizione prima per vivere efficacemente la liturgia, per dare ispirazione alle formule e animare i segni determinati dal Messale, è la fede; è il senso del mistero. Dalla fede e dalla sensibilità al mistero nasce ed è vivificata l’espressione liturgica. Precedono l’annunzio col suo linguaggio singolare e l’adesione: poi segue la liturgia, dove la fede si fa esperienza, l’evento creduto viene trasmesso.
è quello che più di tutto è urgente oggi. Diversamente, anche l’Eucaristia perde la sua identità: non è il sacrificio della croce che si fa disponibile; non è il convito pasquale dove Cristo è colui che presiede e ci fa partecipi del suo Corpo dato e del suo Sangue sparso. La nostra fraternità è generata dalla sua carità. L’Eucaristia fa la Chiesa, perché è Gesù Cristo con il suo Spirito che la rende possibile e la edifica.
Una liturgia per la vita
E un altro equivoco va superato, se non si vuole che le assemblee eucaristiche siano sterili: quello di ritenere che debbano diventare più secolarizzate, meno sacrali, meno tese a evidenziare l’assoluto di Dio per fare spazio maggiore ai bisogni dell’uomo. La liturgia proclama il primato di Dio; è adorazione e rendimento di grazie.
È servizio di Dio, come lo fu il sacrificio della croce, dove Gesù ha portato a compimento la volontà del Padre. La carità fraterna ne consegue in proporzione alla verità dell’adorazione, poiché l’amore è una grazia che viene dalla croce, cioè viene da Dio. Nell’Eucaristia impariamo a vedere l’uomo ma a partire da Cristo e dal Padre, dal quale nasce la nostra fraternità di figli di Dio. Né sarà tanto la ripetizione del tema della fraternità, o la ricorrenza del servizio ai poveri nelle orazioni a dare consistenza vera alla carità fraterna. Saremmo sempre e solo nello spazio delle «voci», delle intenzioni. La vita incomincia o meglio si conferma dopo le parole: nella carità concreta, dove dimostriamo che la riforma liturgica sta riuscendo, che essa è davvero attuale e adeguata all’uomo d’oggi; dove il linguaggio si presenta facilmente comprensibile proprio a tutti.
A questa coerenza invita da sempre la liturgia, per esempio quando chiediamo «di testimoniare nella vita il mistero che celebriamo nella fede». Ma ce ne avvertiva espressamente anche il Concilio Vaticano II: «La rinnovazione dell’alleanza del Signore con gli uomini nell’Eucaristia conduce e accende i fedeli nella pressante carità di Cristo» (Sacr. Conc. 10). A questo scopo è offerto il «messalino».
Milano, 29 novembre 2009, prima domenica d’Avvento
Inos Biffi