Il messaggio è l’incontro
A Istanbul, nella città-simbolo della necessaria viucinanza tra Occidente ed Oriente, si sono riuniti, 65 capi di Stato e di governo sotto l’egida dell’Onu per discutere di solidarietà, di profughi, di aiuti umanitari. Le cifre sono impietose: 130 milioni di persone cercano aiuto e circa 200 milioni in qualche modo migrano. Un pianeta in movimento, come non mai.
Si parla di diritti umani, si parla di Ong (Médecins sans frontières, capofila della ondata di società private, cioè di Organizzazioni non governative, dedite all’assistenza e alla solidarietà, è tuttavia assente, peccato), si parla di accoglienza e di asilo. Si discute dell’enorme business che è sorto dal principio di solidarietà. Si parla, comunque, di aiutare il prossimo.
È questa, a ben guardare, la grande novità del summit di Istanbul, che tuttavia non ha avuto l’eco necessaria rispetto ad altri summit internazionali. Ci si occupa dell’altro, dei poveri, dei più demuniti, dei rifugiati delle guerre. La politica ha reso degna di attenzione la grande profusione di solidarietà che da qualche decennio sta invadendo il pianeta. E questo è già di per sé un bene. Bergoglio ha detto al termine dell’incontro con lo sceicco di al-Azhar, così come aveva fatto dopo l’incontro col Patriarca di Mosca Kirill: «Il messaggio è l’incontro». È proprio questa la straordinaria novità che la grande ondata solidaristica ha portato e che Istanbul sta confermando.