Il Medio Oriente si muove?

Si direbbe che il progetto per l’Unione mediterranea varato lo scorso 13 luglio su iniziativa francese nasca sotto i migliori auspici. Ciò non tanto per i meriti propri dell’iniziativa – che, come si sa, ha suscitato non poche perplessità sul suo significato concreto – ma perché essa si colloca in un momento particolare della crisi mediorientale. Il vertice di Sarkozy ha infatti in buona parte beneficiato di una situazione regionale in grande movimento. Il simbolo più evidente dell’evoluzione in atto è la presenza a Parigi del presidente Assad dopo anni di gelo e tensioni sull’ambiguo ruolo siriano in Libano. Da parte sua, Israele si è detto disponibile a riannodare con la Siria un dialogo, per quanto indiretto e condizionato, per la soluzione di tutte le questioni sospese, a cominciare dallo spinoso problema delle alture del Golan. Questo incoraggiante segnale si deve in particolare all’intelligente mediazione intavolata dalla Turchia che ha buoni rapporti con Damasco e al contempo una forte alleanza anche con Israele. Ma non è questo l’unico messaggio positivo che ci giunge dal Medio Oriente. La formazione del nuovo governo libanese ha aperto la strada per la ripresa dei rapporti con i Paesi vicini. Si è anzitutto consolidata la prospettiva di una normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Libano e Siria. Si registra poi una apertura di Israele a discutere le questioni di frontiera con il Libano, a cominciare dalla sovranità sulle fattorie di Sheeba, occupate dall’esercito israeliano. Tuttavia, per quanto incoraggianti possano essere considerati questi sviluppi, sulla stabilità e la pace nella regione mediorientale pesano ancora come macigni l’irrisolta questione della creazione dello Stato palestinese (entro il 2008?) e le tensioni e le preoccupazioni suscitate dal programma nucleare iraniano. Ma anche in questi due ambiti non si può dire che le cose siano ferme o che si stia tornando indietro. Non è certo il caso di essere soverchiamente ottimisti, ma occorre registrare che i negoziati diretti tra Olmert ed Abu Mazen proseguono a porte chiuse e, da quel poco che si sa, vengono affrontate tutte le questioni più complesse, a cominciare dello status della città di Gerusalemme. Per quanto concerne Teheran, trapelano addirittura indiscrezioni sulla possibilità che Stati Uniti ed Iran aprano delle delegazioni amministrative nelle rispettive capitali; ciò rappresenterebbe una svolta dopo la crisi degli ostaggi americani a Teheran nel 1979. Prospettive nuove, ma fragili, da alimentare e sostenere.

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