Il matrimonio di Lorna

Cinema
Lorna è una albanese immigrata in Belgio che per ottenere la cittadinanza sposa in bianco un drogato. Il mediatore dell’affare ha già organizzato un successivo matrimonio della donna con un russo, ma non c’è tempo per aspettare i tempi burocratici del divorzio e quindi occorre eliminare il drogato. Lorna vuole in tutti i modi evitare questa soluzione, anche a costo di mettersi contro i malavitosi che hanno organizzato l’affare. Al loro quinto lungometraggio i fratelli Dardenne abbandonano in parte il loro stile fatto di camera a mano, attori pedinati, dialoghi laconici e piani sequenza in soggettiva per un approccio più convenzionale, ma non per questo banale. Non mutano, invece, il rigore, la passione e le tematiche del loro cinema, che anche in questo caso indaga con lucidità e spietatezza nelle pieghe più sordide della società. Il rischio, però, è che i fratelli Dardenne finiscano per girare sempre lo stesso film. Cinema E Il matrimonio di Lorna dimostra perfettamente quanto questo rischio sia reale. Perché non si può certo negare che il film non sia interessante, i personaggi intensi, ma non siamo ai livelli dei loro film precedenti, Rosetta o L’enfant su tutti. Una debolezza che si fonda soprattutto sulla ripetitività dello schema – l’impossi – bilità del riscatto sociale – ma che sconta anche la separazione tra la frammentazione narrativa e la convenzionalità dello stile, e una trama che nella parte finale del film si fa meno convincente e credibile. Rimane intatta la crudezza del messaggio, questo imperare del denaro per il quale, anche nella civilissima Europa, nulla è impedito e tutto è concesso. Le persone sono schiacciate dalla necessità di negare la propria coscienza per arrivare a godere di quei diritti che dovrebbero essere di tutti, e in questo perverso gioco dello giustificare i mezzi per raggiungere un fine, sono proprio i mezzi a schiacciare la vita dei più deboli. Regia di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Con Arta Dobroshi, Alban Ukai, Jérémie Renier, Fabrizio Rongione.
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