Il martirio di padre Pino Puglisi tra dono e giudizio
Mi trovavo a Catania il giorno della beatificazione a Palermo di don Pino Puglisi e ho ricordato le parole di Gesù nel vangelo di Matteo con i sette lamenti sugli scribi e farisei: «Guai a voi scribi e farisei ipocriti, innalzate sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti e dite: se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti e cosi testimoniate contro voi stessi di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene colmate la misura dei vostri padri».
Il vangelo ci chiama a evitare la tentazione religiosa di avere buona coscienza di fronte al martire, di essere convinti di essere stati e di essere sempre dalla parte giusta. Il martire chiama sempre con il suo martirio la chiesa alla conversione. Se un fratello è stato ucciso, qualche volta e’ perchè altri non hanno vigilato sulla sua vita distratti da collusioni e complicità con la cultura dominante e altri ancora hanno usato fratelli per uccidere il fratello.
Se la vittima viene uccisa,c’e’ sempre anche chi uccide e questo non può’ mai essere dimenticato. Non possiamo mai gioire del martire, perchè pensare a lui rinvia sempre a colui che lo ha ucciso. Il trionfalismo religioso non tiene conto che il martire rinvia all’assassino. Per questo frère Christian parlava a Tibhirime, dopo la morte dei suoi confratelli, di grazia discreta del martirio,a fronte dell arroganza e della enfatizzazione religiosa.
Don Pino,con la sua vita, esemplare nella sua semplicità, appare oggi come un dono di grazia per la chiesa di Palermo,della Sicilia e del nostro paese. Una vita fatta di condivisione e di insegnamento, senza esibizioni e senza reticenze rispetto al vangelo in un quartiere difficile come quello di Brancaccio a Palermo.
Tra il '92 e il '93 molte cose avvengono in Sicilia: l’uccisione di Salvo Lima, considerato uomo di Andreotti presso i poteri occulti siciliani e poi le due stragi di Capaci e di via d’Amelio,con le uccisioni di Giovanni Falcone,della moglie,di Paolo Borsellino e degli agenti delle due scorte. Nel 1993 la strategia stragista tocca Roma, Firenze e Milano. Sono i giorni bui della trattativa.
In questo contesto cosi violento e cosi drammatico viene ucciso questo prete mite e semplice. Sembrerebbe un assassinio minore e invece diventa la visita di Dio alla chiesa di Palermo e all’intero paese. Innanzi tutto Dio ha chiamato allora e chiama oggi la chiesa a non avere paura, a spezzare antichi legami culturali e non solo con la mafia giunta ad usare le stesse feste religiose tradizionali a sostegno del suo potere, con collusioni accertate di cristiani e monsignori.
Certo Giovanni Paolo II, con il suo grido ad Agrigento, era venuto a chiamare la chiesa siciliana al rinnovamento evangelico,ma il sangue dei martiri è seme di nuovi credenti. Ecco don Puglisi anticipa con la sua vita e la sua morte questi nuovi credenti, che sanno vivere la fede al cuore del conflitto mafioso con la forza mite e disarmata del vangelo.
E oggi il martirio e la beatificazione di don Pino sono anche un giudizio su quella parte di chiesa, che cammina ancora troppo lentamente sulle vie del vangelo, sulla via della verità, che in Sicilia ha il volto delle vittime della violenza, quello di magistrati, poliziotti,preti, di don Pino.
Se il rinnovamento culturale della Sicilia e non solo di questa regione ritarda è anche perchè molti cristiani preferiscono la prudenza alla parrèsia, all’annuncio del vangelo nella sua interezza, sapendo che in Sicilia la mafia è il vero nome dell’antievangelo.
Papa Francesco ha insistito giustamente sulla conversione dei mafiosi, ma egli sa bene che solo una chiesa che si converte può fare l’annuncio della conversione e può avere il dono della conversione. Allora nessun trionfalismo, ma come dice l’apostolo esercitare “la fatica dell’amore”.
E’ stato detto che la morte violenta di don Pino è avvenuta “in odium fidei” ,volendo attenuare il conflitto con la mafia come ragione del martirio, ma in realtà se la mafia è l’antivangelo, la mafia manifesta l’odio verso i discepoli di Gesù. Nei trattati di teologia ci si può accontentare di principi e formule, ma nella violenza della storia tutto perviene ad unità e le distinzioni paiono più figlie dell'astuzia del mondo che della sapienza della croce.
Don Pino indica a tutti la strada dell' accoglienza, della condivisione della Parola e della vita, della santità vissuta nella quotidianità dei giorni. Egli è parola di Dio per il nostro tempo, una parola detta,opportuna e importuna, perchè cosi vuole il vangelo. E’ parola di perdono e di riconciliazione per i suoi assassini. E’ parola di verità per la sua chiesa. E' verità crocifissa, che come in Gesù si fa martirio.