Il mappamondo di Bergoglio

La prudenza e la chiarezza sono le armi della politica estera del Vaticano, esplicitata nel messaggio “urbi et orbi” della giornata di Pasqua
papa

Sono rimasto stupito dal lungo silenzio che ha separato la proclamazione del messaggio urbi et orbi dai saluti finali, pronunciati da papa Bergoglio al termine della messa pasquale in piazza San Pietro. Dopo aver ricordato i cristiani perseguitati, «come pure di tutti coloro che patiscono ingiustamente le conseguenze dei conflitti e delle violenze in corso», e dopo aver enumerato i conflitti più gravi che stanno insanguinando questo nostro pianeta, Francesco ha guadato a lungo la folla in silenzio, senza sorridere, senza agitare le mani, quasi fosse in preghiera, e sicuramente lo era.

In poche parole il papa aveva tracciato una mappa della presenza del diavolo sulla terra, “colui che divide” come dice l’etimologia greca. Partendo dal conflitto più grave, quello in Siria e Iraq, quello dell’Isis che distrugge tutto quanto trova sul suo percorso minacciando direttamente decine di migliaia di cristiani, Bergoglio è passato alla Terra Santa, dove imperversa da mezzo secolo e più “la madre di tutti i conflitti”, quello israelo-palestinese. Poi si è passati a Libia e Yemen, luoghi dove conflitti locali rischiano di allargarsi per gli spettri dello Stato islamico e della rivalità tra sciiti e sunniti. Quindi, sorpresa, un elogio all’accordo di Losanna per il nucleare iraniano, auspicando che si riveli «un passo definitivo verso un mondo più sicuro e fraterno».

Quindi il grande continente africano e i suoi molteplici punti nevralgici scoperti. Per finire con l’amata Ucraina», dove i fratelli cristiani si stanno combattendo. Postilla: un attacco duro e deciso contro le organizzazioni criminali, i trafficanti di droga e soprattutto quello di armi, «che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne», ha aggiunto a braccio.

Il papa che cerca, come ha detto nella messa della veglia, di guardare in faccia la realtà, sembra cercare sul mappamondo i luoghi della presenza più evidente del Cristo morto in croce, per pregare il Padre di darci la pace, di darci quell’amore che sconfigge l’odio. Ma lo fa non senza aver premesso la sua diagnosi sulla genesi delle guerre: è «l’orgoglio che alimenta la violenza e le guerre», additando l’umiltà come solo antidoto al sangue versato: «Il coraggio umile del perdono e della pace» specifica.

 

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