Il maestro e il discepolo
Ho vissuto per decenni in un mondo così complesso come quello dell’Asia, in India. In quella cultura il ruolo del maestro, il guru, è fondamentale. Molte volte sia per la mia professione – ho insegnato per vent’anni – che per esperienze di dialogo interreligioso che interculturali molti mi hanno designato come loro guru. La radice della parola guru in sanskrito è quella di ‘luce’. Questo mi ha sempre aiutato a riflettere sul ruolo che il maestro deve avere.
Questa settimana ho ricevuto e cominciato a leggere un libro molto interessante di Pierre Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica. Qui ho trovato un bellissimo pensiero di Kierkegaard che mi ha confermato quanto imparato in India.
«Poiché essere maestro non significa dire: “E’ così”. Non significa neanche impartire lezioni, e simili, no: essere un maestro significa, in verità, essere discepolo. L’insegnamento comincia quando tu, maestro, impari dal discepolo, quando tu ti trasferisci in ciò che ha compreso e nel modo che ha compreso.
«Il discepolo è l’occasione perchè il maestro comprenda se stesso e, viceversa, il maestro è l’occasione perché il discepolo comprenda se stesso. Il maestro alla morte non lascia dietro a sé nessuna esigenza nell’anima del discepolo, precisamente come (e tanto meno) il discepolo non può pretendere che il maestro gli sia debitore di qualcosa. […] perché intende meglio Socrate solo colui che intende di non dovere nulla a Socrate, cosa che Socrate preferisce e che è bello aver potuto volere». (Kierkegaard – Briciole di Filosofia, in Opere, a cura di C. Fabro – Sansoni)
(dal blog di Roberto Catalano)