Il lontano Oriente arriva a Udine

Si è conclusa la 15ma edizione del Far East Film Festival: un evento non solo cinematografico, che mette in contatto tutta la città con Paesi e popoli del Sol Levante
Far East Film Festival

57 titoli, 24 ospiti internazionali, oltre 60 appuntamenti ed eventi collaterali: la 15ma edizione del Far East Film Festival, a Udine dal 19 al 27 aprile, non ha deluso le aspettative nonostante gli ingenti tagli – oltre 150 mila euro su un budget di 650 mila – che avevano fatto temere una rassegna in sordina. Nato nel 1998, è diventato negli anni uno dei punti di riferimento per gli appassionati di cinema asiatico in Occidente: chi avesse girato per Udine in quei giorni avrebbe visto cinefili accampati fuori il teatro dove avvenivano le proiezioni o assistere alle lezioni di arti marziali al parco, partecipare ai concerti e alle serate a tema nei locali, girare nei mercatini di prodotti di quelle terre, e avrebbe notato visitatori con gli occhi a mandorla intrattenersi con i residenti locali – solo per citare alcuni esempi. Una manifestazione a tutto tondo, “condita” anche da mostre, concorsi fotografici e di cosplay – ispirati a costumi e trucchi manga –, e presentazioni libri – tra cui gli scritti del regista cinese King Hu, per la prima volta tradotti in italiano e inglese.

Se Giappone e Corea si sono confermati i Paesi più rappresentati – con 12 titoli ciascuno –, il grande emergente del 2013 è stato la Cina, che ne ha presentati 10. «Il cinema cinese sta vivendo una fioritura alimentata dal pubblico interno –  spiega Thomas Bertacche, coordinatore del festival –: anche le maglie della censura si sono allentate e da quest'anno si è visto un tentativo di uscire dalla consuetudine». Un ulteriore tassello nella costruzione di un festival che vuol essere prima di tutto incontro e conoscenza: «Il lontano Oriente, purtroppo, rimane tale – afferma Bertacche – nonostante il crescente interesse per le potenze economiche emergenti. Ma non possiamo nemmeno pensare di fare affari con loro se non ci conosciamo: in questo senso, la cultura è un investimento a tutti gli effetti».

Il festival si è concluso sabato notte con la consegna dei Gelsi, premio ufficiale della manifestazione, assegnati dal pubblico. Sul primo gradino del podio è arrivata la commedia How to use guys with secret tips, del sudcoreano Lee Won-Suk, seguito dal pulp-horror thailandese Countdown. Al terzo posto si è invece classificato uno dei film più attesi della manifestazione, IP Man – the final fight di Herman Yau, nuova tappa della saga sul leggendario maestro di Bruce Lee. Il Gelso d'oro alla carriera è andato quest'anno al sudcoreano Kim Dong-Ho: «Un amico da cui abbiamo imparato molto – lo definisce Bertacche – e che, da funzionario del ministero della cultura, è diventato una delle personalità più importanti del cinema coreano: il festival di Pusan, da lui fondato, nel giro di dieci anni è diventato il più importante dell'Asia, ed è grazie a lui che registi come Kim Ki Duk sono riusciti ad espandersi».

Vera eccezione nel panorama dei film in concorso è però stato Comrade Kim goes flying, dalla Corea del Nord: un rarissimo esempio di coproduzione internazionale (con Belgio e Gran Bretagna) per un'industria cinematografica controllata dallo Stato, che ci racconta la storia di una minatrice che sogna di fare la trapezista. La protagonista e la produttrice – organizzatrice del Pyongyang Film Festival – sono riuscite a raggiungere Udine nonostante la precaria situazione del Paese, per presentare al pubblico la loro opera in anteprima italiana: un'occasione unica per conoscere un popolo con il quale è purtroppo difficile incontrarsi, e una prova di dialogo tra la Corea del Nord e il resto del mondo.

Ma il Far East è prima di tutto un evento di città, che coinvolge anche chi in sala non entra: di qui la scelta degli organizzatori di non tagliare sulla qualità dei film e sugli eventi, nonostante i minori fondi disponibili, preferendo piuttosto chiedere una quota di ingresso ad iniziative un tempo gratuite: «Siamo convinti – afferma Bertacche – che la gente capisca il valore di questo lavoro, e sia quindi disposta a contribuire. Senza contare l'indotto turistico che il festival garantisce a Udine».

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