Il linguaggio delle emozioni
C’è tutto Giuseppe Pontiggia in questo libro, I classici in prima persona (Oscar Mondadori, pp. 76, euro 7,40), tratto da un testo inedito che riporta l’ultimo discorso pubblico del grande scrittore tenuto all’Università di Bologna su invito di Ivano Dionigi nel novembre 2002. Gli scrittori bisogna ricordarli con le loro parole, non con le nostre : così scriveva Giovanni Raboni nel suo omaggio a Pontiggia in Leggere. Questa osservazione mi viene alla mente ora che, con emozione, ho tra le mani questo librotalismano. Io penso che la letteratura sia critica del linguaggio; è tante cose, ma direi che è sempre critica del linguaggio, perché essa recupera il senso delle parole, recupera la potenza del linguaggio, restituisce una vitalità che le parole dei classici aveva e che noi riscopriamo tutte le volte che li leggiamo. La lettura dei classici specialmente nel periodo dell’Avanguardia è stata per Pontiggia un’ancora di salvezza e un antidoto formidabile alla mercificazione della parola. In poche fitte pagine quello che inizialmente colpisce il lettore è la presenza di citazioni e motivazioni dei classici che più lo hanno affascinato e segnato il suo percorso di ricerca e autocritica: Petronio un ideale di mobilità narrativa, di leggerezza, di incisività; Orazio dalla voce densa e grave di aggressività scorrevole, le Bucoliche di Virgilio, Seneca, Sallustio, e i lirici e i tragici greci, letti nell’originale, come fonte viva di energia e di stile. Il linguaggio e la passione dei classici saranno il centro, sempre, della meditazione di Pontiggia che qui svela anche l’altra sua passione per la filologia: Posso dire che, se non avessi avuto in mente di fare lo scrittore, avrei voluto fare il filologo. Non sarà un caso che Il giocatore invisibile, uno dei suoi romanzi più attraenti e complessi, parta dall’accanita polemica tra due filologi. Definito un sagace anatomista del linguaggio, Pontiggia è stato maestro nel recidere il superfluo e lasciare l’essenziale. Per lui il piacere dello stile è fondamentale: tecnica perfetta, scansione costante delle parole e delle frasi,musicale cadenza dei periodi, lasciando ampio spazio alla emozione. Si capisce qualcosa quando ci emoziona molto. Per questo Dante è diventato per Pontiggia l’esempio cardine di uno stile straordinariamente carico di vitalità, di potenza e di emozione. Questa sua ricchezza concettuale, questa sua brillante densità di pensiero si ritrovano nei bellissimi testi dedicati a scrittori tra i quali Maupassant, Flaubert, Kafka, Joyce, Hemingway. La lettura di Kafka nella strada degli alchimisti è stato un momento magico nel corso del convegno Il futuro della memoria (Milano 17,18 e 20 marzo 2006). Pontiggia avrebbe potuto dire con Puskin io vivo come scrivo, io scrivo come vivo. Capita così con gli scrittori eccezionali: il tempo non ne scalfisce il ricordo, né l’abitudine affievolisce l’emozione che suscitano sempre le loro opere.