Il Liga ha colpito ancora
Lo metti su e parte come un disco degli U2, ma come se lo avessero registrato in Emilia; poi arriva lui, e lo senti biascicare come se stesse a Dublino, davanti a una pinta di Guinness… Lo si attendeva da tempo questo Nome e cognome (Cgd-Warner); anche perché il nostro stavolta non s’è negato nulla per dare all’evento il dovuto risalto: compreso il mega-concerto a due passi da casa che ha polverizzato più di un record nello show-business italiota. Così, com’era più che prevedibile, l’album s’è arrampicato in classifica alla velocità della luce, oltretutto accompagnato dal consenso pressoché corale della critica. Diciamo subito che, rispetto ai lavori precedenti, l’album dimostra fin dal primo ascolto una più spiccata sonorità rock, alla quale tuttavia s’accompagna un’insolita introspezione poetica. Sarà l’età, ma il Ligabue da Correggio del 2005 sembrerebbe prediligere l’intimità autobiografica alla coralità generazionale o giovanilista che segnava i suoi cavalli di battaglia del passato. Ciò non toglie che la varia umanità che popola i suoi testi (ben rappresentata fin dalle fototessere di copertina) non rispecchi le inquietudini del presente di gran parte dei suoi estimatori. Epperò tra i versi fanno capolino soprattutto le proprie esperienze personali (la separazione dalla moglie, il senso di frustrazione e di inadeguatezza rispetto al proprio ruolo di mediano trasformato in rockstar, la morte del padre e di un amico carissimo…). Certo il quarantacinquenne emiliano non ha perso la capacità di cantare come mastica, l’arguzia padana, e la capacità di giocar di metafora; ma di questo suo nuovo album non tutto convince, o per meglio dire, non convincono del tutto le nuove canzoni nel loro complesso. Forse perché stilisticamente troppo simili a tante composizioni precedenti, o forse solo perché la devozione con cui sono state accolte appare sproporzionata alla loro oggettiva levatura artistica … Non so: a costo di rischiare il linciaggio dei fans, mi tocca dire che questa sua undicesima avventura discografica m’ha lasciato un po’ d’amaro in bocca. In primis perché quest’ansia di dover dimostrare a tutti d’esser rimasto quello di sempre ne ha un po’ cristallizzato l’ispirazione, visto che al di là di qualche guizzo di indubbia classe (per esempio le notevoli L’amore conta, Le donne lo sanno, e Sono qui per l’amore) mi resta il forte sospetto che il nostro altro non sia che la versione buonista del Vasco: sospetto del resto, che il povero si porta appresso fin dagli esordi, ma che non ha mai fatto nulla per scrollarsi di dosso, forse perché -sotto sotto- la definizione gli sta bene. D’altro canto un successo così plebiscitario e un seguito così affettuoso non può essere liquidato solo con la spiegazione che in tempi di vacche magre anche la puntonata di buon mediano può sembrare il tocco di un fuoriclasse. Probabilmente il Liga continua a funzionare soprattutto perché è credibile: non ha mai millantato ciò che non è, non ha mai cercato d’adeguarsi alle mode circostanti, né di atteggiarsi a sociologo, a capopopolo, o a profeta, e ha sempre venduto farina del proprio sacco. Tutto qui: e se tale onestà di fondo vi par poco per farne un mito, provate a darvi un’occhiata intorno… CD Novità DAVID GRAY SLOW MOTION (Cgd-Warner) Quarto album per uno dei migliori cantautori in circolazione. Nato a Manchester, ma cresciuto tra il Galles e Liverpool, questo trentasettenne sa miscelare con maestria il soul americano e il pop dei Beatles, l’essenzialità del folk dylaniano e l’intensità vocale di un Van Morrison. Dieci grandi canzoni che vibrano ed emozionano grazie ad un continuo intersecarsi di chiaroscuri di grande suggestione. FOUNTAIN OF WAYNE OUT OF STATE-PLANTS (Cgd-Warner) Il quartetto new-yorkese giunge al terzo album con un doppio cd pieno zeppo di reminescenze sixties, spesso sorrette e insaporite da spruzzate di country-rock e power-pop. Melodie gradevoli ed atmosfere piacenti per un gruppo da tener d’occhio.