Il libro con sette sigilli

Musica di Franz Schmidt. Roma, Accademia Nazionale Santa Cecilia.
Leopold Hager

Venti di guerra all’orizzonte, quando Schimdt, nel 1938, musica l’oratorio (prologo e due parti), tratto dalla versione luterana dell’Apocalisse di Giovanni. Rivelazione di catastrofi, ma fiducia conclusiva in Dio: sembra che Schmidt presagisse l’esito del conflitto e la ricostruzione futura. Certo, la visione è per lo più angosciosa e spazio per la liricità ce n’è poco. Una orchestra gigantesca, quattro solisti, un doppio coro danno vita ad un affresco che quasi stordisce nella cupezza drammatica, sollecitata dalla narrazione di Giovanni, affidata alla vocalità ai limiti dell’impossibile, del tenore (l’ottimo Herbert Lippert). Lutti e terremoti (prima parte), cori di donne piangenti, racconti di dolore si susseguono, gonfiandosi come una marea, in rari attimi di riposo (brevi incisi del corno inglese). L’affresco prende – e sorprende – l’ascoltatore, lo trascina con una musica “visiva”, che si potrebbe commentare con proiezioni, tanta è la sua capacità illustrativa. Se la conclusione è speranzosa, la sensazione che il dramma stia per venire rimane. Così  l’oratorio di Schmidt – per la prima volta a Santa Cecilia – lascia nella sospensione.
Orchestra, coro, quartetto diretti dall’esperto Leopold Hager, all’altezza nell’eseguire un lavoro “tardo-romantico” nella forma e contemporaneo nella tensione.

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