Il legame da ritrovare tra Unione europea e America Latina

Il paradosso di uno strettissimo rapporto storico-culturale che non produce accordi concreti di collaborazione economica e commerciale, mentre cresce l’influenza delle economie emergenti dell’Asia. L’originalità possibile di una politica europea autonoma
Havana

Non ci sono dubbi che anche per l'America Latina l'Unione europea sia il più riuscito e ambizioso processo di integrazione e rappresenta, pertanto, un punto di riferimento ineludibile per le varie esperienze d'integrazione subregionali, come il Mercosur o la recente Alianza del Pacífico, e regionali, come la Celac, che riunisce tutti gli Stati latinoamericani e dei Caraibi, e l'Unasur, che abbraccia gli Stati sudamericani.

Il celebre filosofo spagnolo José Ortega y Gasset sosteneva che l'Europa non è solo un sostantivo, ma anche un verbo: europeizzare. Sebbene sia sempre presente nell'Ue l'interesse a diffondere la democrazia, va rilevato che essa non è riuscita ad esportare il suo processo di integrazione. Esiste un certo interesse a siglare accordi, ma desta stupore che ciò avvenga con Paesi presi individualmente (recentemente l'Ecuador), oppure se ne studiano altri con blocchi regionali, come nel caso del Mercosur. Ma non sembra che sia stata presa in seria considerazione l'America Latina nelle sue espressioni più rappresentative, che oggi sono l'Unasur e la Celac. "Esportare" questa esperienza sarebbe di altissima utilità per regioni che desiderano seguire un cammino del genere.

Oggi, poi, anche per effetto della dura crisi economica e finanziaria, l'impressione è quella di un’Ue ripiegata su sé stessa. Ripiegamento che, nel passato, ha impedito un processo di dialogo più fecondo, nonostante il profondo vincolo culturale esistente. Legame che risale alle nostre radici storiche e culturali, se pensiamo che il 99 per cento dei latinoamericani parla lo spagnolo e il portoghese, due lingue europee, frutto dell'incontro tra Nuovo e Vecchio Mondo, e poi ai flussi migratori che, specialmente alla fine del secolo XIX e nel dopoguerra, hanno contribuito a popolare vari Paesi latinoamericani di discendenti di una buona diecina di nazioni europei.

Infatti, durante 30 anni, tra l'altro mentre l'America Latina viveva un vero e proprio calvario politico ed economico, non è stato possibile intendersi per stabilire scambi commerciali fonte di mutuo vantaggio: si è preteso che la nostra regione fungesse da fornitore di materie prime in cambio di prodotti con alto valore aggiunto e senza che ciò comportasse trasferimento di tecnologia. Inoltre, mentre l'Ue e il mondo industrializzato sussidiavano parte della loro produzione, al ritmo di quasi un miliardo di dollari al giorno, questa stessa pratica veniva negata ai governi latinoamericani.

Si tratta di una vera e propria opportunità perduta. Ed è paradossale che, pur in presenza di legami culturali minimi, questa sia stata invece colta, e nel giro di pochi anni, da Paesi asiatici come la Cina e l'India, con i quali ha preso il volo uno scambio commerciale che oggi è la principale matrice di una crescita della regione, che ne sta cambiando il volto. Con la differenza che si realizzano reciproci vantaggi.

Infine, va rilevato che non sembra che oggi l'Ue abbia un’agenda politica originale. Appare, invece, avere un ruolo subalterno nei confronti della strategia di  Washington, per cui l'America Latina non rappresenta certo una priorità. Sebbene sia possibile comprendere le ragioni del disinteresse statunitense per la nostra regione, non si comprende invece, dati i precedenti storici e culturali, lo scarso dinamismo europeo nei confronti dell'America Latina in un momento in cui, tra l'altro, si stanno invertano i flussi migratori, con un ritorno di molti latinoamericani emigrati a suo tempo in Europa.

In sostanza, si percepisce che il rapporto con l'Ue è pregno di potenzialità, ma ancora tutte da esplorare.

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