Il lato oscuro della democrazia

I sistemi di governo occidentali debbono andare dal confessore e dallo psicanalista. L’elezione di Trump è l’esemplificazione di alcune patologie dei nostri modi di gestire la cosa pubblica
Festa per Trump

Ha vinto Donald Trump, è un fatto, inatteso ma fino a un certo punto. Temuto nei fatti da quasi tutte le cancellerie occidentali. Ma gli Stati Uniti ora hanno un nuovo presidente eletto democraticamente, e bisogna andare avanti: lo stesso Barack Obama l’ha detto, quando ha ricordato che «domani sorgerà di nuovo il sole». E probabilmente lo sfacciato linguaggio di The Donald usato in campagna elettorale lascerà lo spazio a un idioma più tradizionale, le lobby continueranno a fare il loro lavoro a Washington, mentre la politica statunitense sarà sempre più centrata sulle questioni interne, in un certo isolazionismo che non lascia intravvedere prospettive rosee sui grandi scenari internazionali, Ucraina, Medio Oriente, Coree e isole del Mar cinese soprattutto. Con tensioni non da poco dalle parti della povera gente. Il mondo lasciato dal primo presidente nero è multipolare, e lo sarà sempre di più.

 

Perché ciò è avvenuto? Le ragioni, come sempre, sono molteplici. Ne scriveremo nei prossimi giorni e mesi. Credo però che si debba investigare dalle parti del funzionamento delle democrazie occidentali, per identificare The Dark Side of Democracy, parafrasando i Pink Floyd. Bisogna capire che cosa permette nei nostri sistemi elettorali (estremamente personalizzati da un sistema mediatico esasperato ed esasperante) l'elezione di personaggi al limite dell'eccentricità, se non della legalità, che però sanno dar voce a chi si sente vittima degli "apparati". Quel vasto bacino elettorale dei nostri Paesi che spesso e volentieri, senza basarsi su una cultura coltivata, si ribella contro sistemi che paiono piovre tentacolari che bloccano l’economia, la libertà, l’uguaglianza. E che sembrano svilire le prerogative locali.

 

La democrazia occidentale è nei fatti vittima delle burocrazie (Brexit docet, così come Orban e Kaczyński, e chissà quali altri terremoti elettorali nel prossimo futuro europeo, a cominciare dalla Francia), o più ancora delle logiche di un potere che perpetua sé stesso e che disdegna nei fatti il sentire popolare. È tempo per le democrazie occidentali di fare un esame di coscienza collettivo. La democrazia dovrebbe andare dal confessore per far luce sui propri peccati che non sono pochi, e forse anche dallo psicanalista, per ritrovare invece un’igiene di vita sociale sufficiente, capendo come andare avanti in una società post-ideologie e post-partiti in cui si vota troppo spesso a priori contro chi governa, senza guardare quanto è stato fatto. Portando di fatto a democrazie in perenne campagna elettorale

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