Il laboratorio di Bertinoro tra social business e comunità
Chi è salito sulla splendida rocca di Bertinoro, in provincia di Forlì-Cesena, nel fine settimana di metà ottobre, ha potuto farsi una certa idea del futuro che ci attende in Italia. Il tema proposto dal centro studi Aiccon ha riguardato da vicino la prossima attuazione, entro luglio 2017, della riforma del Terzo settore che non può più considerarsi come un’area dedicata ad ambiti marginali,anche se nobili, come il volontariato e il no profit.
Nelle intenzioni di chi l’ha promossa, infatti, la legge delega, approvata a maggio del 2016, riveste un posto centrale e decisivo per il modo in cui si vorrà attuare lo sviluppo sociale ed economico in Italia. Il “social act” è importante come il “jobs act”, ha più volte affermato il romagnolo Giuliano Poletti, ministro del Lavoro che proviene dal mondo della cooperazione “rossa”, radicata nella tradizione comunista, alleatasi recentemente con quella “bianca” di origine cattolica. Termini che sembrano antiquati davanti al nuovo che avanza e cioè al “social business”.
Oltre l’incentivazione e regolamentazione del servizio civile, benvisto quasi da tutti, è, infatti, l’indentità dell’impresa sociale a creare motivo di un serio dibattito perché il modello introdotto con la legge del governo ne prevede ovviamente la finalità "sociale" assieme alla possibilità di distribuire utili e di remunerare il capitale investito nell’impresa stessa.
Sarebbero numerosi i benefattori impazienti di far arrivare denaro fresco nelle aziende destinate a creare un impatto sociale positivo sul territorio, senza tuttavia richiedere ritorni di profitti esagerati come quelli promessi da attività speculative. In un tempo di vacche magre vuol dire molto e risponde, secondo gli esperti della scuola di economia civile dell’Università di Bologna, a un’esigenza comune già sperimentata nella prassi.
Come dicono Paolo Venturi e Flavio Zandonai, due esponenti cardine delle giornate di Bertinoro, l’ibridazione è già avvenuta con «organizzazioni che sfidano le suddivisioni classiche – tra pubblico e privato, tra lucrativo e non lucrativo, tra individuale e collettivo», creando anche nuovi modelli di gestione.
Secondo un’indagine conoscitiva promossa da Aiccon, esiste un parere positivo del 57% degli intervistati circa la remunerazione del capitale e la distribuzione degli utili in queste nuove imprese sociali. Maggiori dubbi esistono sulla governance e cioè su chi comanda il nuovo soggetto economico.
È improbabile credere che chi mette il denaro non sia interessato a dettare la linea dell’impresa, anche solo per assicurare che gli investimenti vadano a buon fine e non si rivelino fallimentari. Dubbi già fatti emergere su Città Nuova assistendo alle precedenti edizioni di Bertinoro dove «l’ibridazione» è stata presentata come un fattore propulsivo della nuova forma di impresa ad alto valore sociale. Una testimonianza diretta, tra l’altro, di come certi ambiti di studio siano capaci di creare il terreno favorevole a determinate scelte legislative.
In tal senso va letta la nascita,in contemporanea con la legge sul Terzo settore, della “Social Impact Agenda per l'Italia” e cioè un’organizzazione promossa dall’Human Foundation presieduta dall’ex ministro Giovanna Melandri, per «monitorare e promuovere investimenti a impatto sociale per la cooperazione internazionale e per le necessità dei cittadini italiani». In pratica l’intenzione è quella di riprendere l’esperienza della «Social Impact Investment Taskforce promossa durante la Presidenza britannica del G7 nel 2013».
A tale organizzazione partecipano un insieme variegato di soggetti che fa capire l’importanza della posta in gioco. Oltre alla fondazione della Melandri, troviamo le associazioni delle banche e delle assicurazioni (Abi e Ania) assieme a Confcooperative Federsolidarietà, Gruppo Cooperativo Cgm, Etimos Foundation, Federcasse, Fondazione Opes, Fondazione Sviluppo e Crescita Crt, Ubi Banca e il gruppo editoriale Vita.
Partendo quindi dalla dichiarazione circa la riscoperta di nuove alleanze tra mondi diversi, profit e no profit, per generare sviluppo e benessere sul territorio, si tratta di capire se la novità promessa sarà quella del modello anglosassone di welfare con l’arretramento del servizio pubblico a favore della crescita di imprese “sociali” governate indirettamente dai capitali privati dei “benefattori”.
A simili dubbi e osservazioni ha fatto riferimento Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro con delega al Terzo settore, intervenuto come di consueto a Bertinoro per osservare che «in molti stanno dimostrando un atteggiamento di diffidenza nei confronti delle possibili innovazioni che la legge presuppone nei suoi principi generali», mentre la vera sfida si giocherà sulla chiarezza delle norme attuative della Riforma e sulla qualità degli «attori che le sappiano interpretare nella vita concreta».
In questo senso un campo di verifica potrebbe essere la regolamentazione delle “cooperative di comunità”, una delle 10 proposte da incentivare “per una nuova ecologia dello sviluppo” secondo l’intervento dell’economista Leonardo Becchetti a Bertinoro. Si tratta di nuove forme di cooperazione, presenti soprattutto in Puglia ed Emilia Romagna, sostenute in particolare da Legacoop e Legambiente, che nascono «quando alcuni cittadini di una comunità locale si riuniscono per perseguire insieme la creazione di posti di lavoro, la tutela ambientale, lo sviluppo di energie rinnovabili, il recupero di produzioni e mestieri tradizionali, lo sviluppo delle economie locali attraverso la valorizzazione dei beni comuni e la rigenerazione degli spazi abbandonati».
Dagli statuti di tali associazioni emerge che i soci sono essenzialmente «un gruppo di cittadini che si mettono assieme a partire dalle loro esigenze con la volontà di contribuire alla crescita della comunità», ma, oltre alle singole persone «non è escluso che ne facciano parte anche società o imprenditori individuali, le cui prestazioni siano coerenti con l’obiettivo della cooperativa di comunità».
Come si possono gestire queste nuove forme di agire economico in modo che prevalga l’interesse verso il bene comune, la non prevalenza di alcuni interessi sugli altri e il modello democratico delle autentiche cooperative? Sono alcune delle questioni affrontate nelle giornate di Bertinoro intitolate quest’anno “Da Spazi a Luoghi. Nuove governance dello spazio pubblico”.
Proprio nella logica di condividere, è accessibile e scaricabile dal sito un testo di Aiccon dedicato ai «modelli imprenditoriali votati a tenere insieme la mission sociale con attività di natura commerciale» davanti a territori, persone e storie messi sempre davanti al bivio della distruzione e frammentazione o della rigenerazione che produce bene per tutti, come aveva iniziato a mettere in pratica Adriano Olivetti negli anni ’50. Il futuro ha radici antiche.
Qui il materiale accessibile della edizione 2016 delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile, sul tema “Da Spazi a Luoghi. Nuove governance dello spazio pubblico”