Il grido sofferto di Tàpies
Il pittore catalano con la sua arte povera sfidava l’incomunicabilità del mondo contemporaneo costringendolo a scovare la spiritualità nella materia
E’ scomparso ieri a 88 anni, Antoni Tàpies, uno di padri della pittura del ‘900. Nato a Barcellona, il pittore catalano era stato interessato a ciò che forma la materia dell’arte, il materico allo stato puro. Perciò le sue opere – fatte di tele e lenzuoli con segni graffi tracce, fino ai “muri” desolati e alle ultime installazioni – sono state espressioni di “arte povera”, come il nostro Burri. Ma la differenza tra i due è notevole: Burri era un solitario,un intimista, Tàpies è uomo che vive la guerra civile spagnola, entusiasmandosi per Guernica di Picasso, conosce la malattia in età giovanile e approda ad una visione spiritualistica di matrice orientale.
La si vede sfociare negli spazi, sempre drammatici perché riflessi dell’incomunicabilità e della difficoltà di rapporti umani nel mondo contemporaneo, un forte significato etico. Perciò la materia oltrepassa la sua fisicità e diventa parola o se si vuole anche grido sofferto della solitudine e del bisogno di comunicazione. Per quanto premiato e seguito, Tàpies è rimasto un solitario che si è liberato da tutte le influenze altrui per seguire sino in fondo con nuove scoperte il ritratto del mondo in cui viviamo.