Il grande talk
Sabato, 7.30, Raitre. Come la strega di Biancaneve, anche alla tv piace guardarsi allo specchio per sentirsi dire d’essere la più bella del reame. Sono tanti i programmi auto-referenziali costruiti con immagini di altre trasmissioni del piccolo schermo. Striscia la notizia e Paperissima (solo per fare due esempi) utilizzano spesso questo schema: la tv che parla della tv. A parte forse Blob, raramente però c’è l’intenzione di g u a r d a r e r ealmente dentro la scatola catodica per scoprire i suoi limiti o spiegare al pubblico il trucco “che c’è, ma non si vede”. I panni sporchi del piccolo schermo non si lavano in casa. La tv non fa mai autocritica, tranne nella versione folkloristica della Vinciguerra nel mattino di Raidue. Stando così le cose il progetto de Il Grande Talk (in onda al sabato su Raitre e Sat 2000) resta uno di quei programmi in via d’estinzione che va protetto come il Panda. La trasmissione, ideata e condotta in studio dal giornalista dell’Avvenire Massimo Bernardini, analizza e discute la settimana televisiva. Mette sotto accusa il linguaggio e le scelte dei Massimo Bernardini talkshow, la volgarità di alcune fiction, le scalette dei telegiornali e le relazioni pericolose tra spettacolo e informazione. Lo stile non è da “processo del lunedì”. Non c’è indulgenza verso i divi e le star più acclamate, la discussione è pacata e alla trasmissione partecipano attivamente anche gli studenti dell’Università Cattolica di Milano che, dopo aver studiato i programmi oggetto di dibattito, propongono in studio una lettura ragionata di quel che la tv ha p r o p o s t o nella settimana precedente. A onor del vero i ragazzi a volte suonano troppo s a c c e n t i , utilizzano t e r m i n i comprensibili solo a chi mastica di filologia e semiotica. Ma nel complesso il loro occhio attento aiuta a separare il grano dal loglio. In questo senso, bravo è Bernardini a bilanciare il loro apporto teorico con quello di personaggi televisivi e critici di professione che forniscono l’applicazione pratica. Il Grande Talk, programma non perfetto, appare come un cantiere, un luogo sempre aperto ai contributi esterni. Un presidio critico fondamentale contro la deriva di una tv che troppo spesso si compiace e auto-assolve.