Il grande omissis

Le donne sono le grandi assenti nel racconto dei fatti storici, perché si è scelto di raccontare i fatti da un punto di vista maschile. Come rimediare? Pubblichiamo, solo per gli abbonati, l'articolo tratto dal numero di marzo della rivista Città Nuova.

Studio storia con mia figlia. Pagine e pagine, capitoli e capitoli, decenni e decenni, la storia del ’900 è una sequenza di guerre, di crisi economiche, di colpi di Stato, di armistizi e di ritirate; i morti si contano in cifre a 8 lettere. A un certo punto ci guardiamo e quello che è ovvio, quello che tutti sanno, ci pare incredibile. In tutte queste pagine non c’è una donna, nemmeno una. Cancellate, rimosse, a milioni, generazioni. Come non fosse un problema, né per gli storici, né per la storia.

È la terza volta che ripasso da madre con i miei figli questa storia recente, il secolo dei miei nonni e dei miei bisnonni, ma solo leggendola con mia figlia femmina la cosa mi viene in evidenza con tanta forza. Le nostre figlie (e i nostri figli) non trovano traccia delle donne in nessuna delle cose che studiano: le donne non ci sono nei libri di storia, non hanno esplorato il mondo e scoperto nuovi continenti; non hanno scritto i romanzi che leggono e neppure le loro poesie; non hanno composto musiche, non si sono fregiate delle scoperte scientifiche che studiano. C’è una parte silente della storia che non compare mai e che non ha lasciato traccia. Le donne c’erano, ovviamente. Hanno scritto poesie e prosa, sono state artiste e filosofe, hanno scritto musica, fatto scoperte scientifiche. Ma abbiamo deciso di tramandare una storia che non le prevede.

Anche nel nostro tempo – che pure ha visto la più grande emancipazione delle donne, di tutti i tempi – le donne sono mosche bianche: tavole rotonde, summit, convegni, movimenti politici, salotti televisivi, manifesti politici, sinodi religiosi, talk show sono consessi pieni di uomini. Più rare le apparizioni femminili. E questo pare a tutti così normale che quasi non ce ne rendiamo conto.

Le ragazze oggi studiano e sono brillanti, si laureano a pieni voti, lavorano con la stessa caparbietà dei maschi, le troviamo sempre più spesso a fare bene le stesse cose che sanno fare i maschi: usano le tecnologie, sono brave nello sport, sono talentuose in tutti i campi. Nessuno escluso. Eppure il mondo che le circonda assomiglia ancora a quel vecchio libro di storia di terza media, bello e documentato, ma con un colossale… omissis.

Ci sono eccezioni preziose. Una è la rivista che mi ospita, nata tanti anni fa dal sogno di una grande donna (e che oggi è diretta da una donna, assoluta eccezione in Italia, se si escludono i tabloid di moda e costume), una rivista ospitale e gentile, che non rinuncia a dire la verità ma lo fa con stile, ascoltando chi la pensa diversamente. La parità di genere e il rispetto delle differenze che troviamo qui devono uscire da queste pagine e diventare stile di vita, pensiero, cultura. E il mio appello è rivolto soprattutto alle donne: prendiamo la parola, richieste e non richieste, prendiamo parte quando possibile, non tiriamoci indietro. Con stile e carisma.

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