Il governo Prodi alla prova dei fatti

La presenza fisica rimane sempre un osservatorio privilegiato: aiuta a cogliere anche le sfumature di momenti politici cruciali come quelli legati a questo cambio di maggioranza. Decido di passare a Montecitorio il giorno della fiducia alla Camera. Sulla tribuna dell’aula e nel corridoio dei passi perduti ritrovo vecchi colleghi e nuovi deputati: dal dialogo con loro ricavo impressioni interessanti in merito al futuro del governo che nasce. Quelli di maggioranza non esitano a sottolineare il motto del presidente del Consiglio: Se saremo squadra, non falliremo. Certo non sarà un compito facile. Già le prime difficoltà si sono presentate: le sortite solitarie di alcuni ministri, segno delle reali difficoltà presenti nella compagine, hanno costretto Prodi a un secco richiamo. Letizia De Torre, neo sottosegretario alla Pubblica Istruzione, prova a spiegarmi con un episodio concreto il peso di questa proposta. Palazzo del Quirinale, salone accanto a quello delle Cerimonie; terminato il giuramento dei sottosegretari, Prodi raccoglie il gruppo e spiega a tutti: Oggi il Palazzo è visto come un luogo occupato da singoli che pensano solo al loro interesse, lontano e quindi svuotato del suo significato; la sfida è grande e difficile, ma c’è un modo per superare tutto questo: diventiamo una squadra, con un’alta tensione etica che il paese si attende, proiettata insieme sugli interessi della gente, ed anche il Palazzo sarà coinvolto in questo rapporto nuovo. E la minoranza? In una giornata cruciale, come quella della fiducia alla Camera, si pregusta in aula la dura opposizione che è stata annunciata: fischi, grida, clima da vera lotta politica, a tratti sopra le righe. Nel corridoio incontro Gianfranco Fini, che è presente a tutta la seduta e parla con tanti colleghi e giornalisti. Mi pare desideroso di dimostrare che la Casa delle Libertà ha, sui temi politici, ancora molto filo da tessere. Gli chiedo come giudica la proposta di essere presidente della Commissione Esteri. Risponde: Mi pare ancora una proposta confusa, sono prove di dialogo, non ancora dialogo politico. Ma ci sarà, ed è necessario, il tempo della collaborazione: ho tutta l’intenzione di lavorare in politica estera. Certo adesso ci sono le elezioni amministrative, il referendum sulla Costituzione…. Raggiungo al telefono Casini. Alla fine della passata legislatura gli è capitato di autodefinirsi voce nel deserto nel mettere come prioritario il dialogo, merito che ha trovato una emblematica testimonianza nel pubblico riconoscimento di Bertinotti che gli è succeduto. Siamo favorevoli al dialogo – conferma Casini -, non alla confusione, non alle chiacchiere. Il confronto deve avvenire sui fatti, e idee come quella degli eventuali Pacs ci vedranno protagonisti di una dura opposizione in Parlamento! Certo il dialogo ci deve essere sempre e, se è vero, non pregiudica una opposizione ferma e senza sconti. Una promessa di dialogo che ha caratterizzato anche alcuni interventi dalle file dell’opposizione, nei due dibattiti di Camera e Senato, interventi che hanno tentato di individuare temi su cui sia possibile, nel rispetto dei ruoli e delle differenti responsabilità, un impegno unitario e che si sono sforzati di rispondere al bisogno del paese di ritrovare la sua classe politica unita nelle prove più difficili. È in questo contesto che attendiamo di vedere come il nuovo esecutivo intende affrontare, tra tante difficili sfide, le tre indicate come prioritarie: ripresa economica, Europa, riforme. Il timone dell’economia è dato in mani che non palesano rischi: un’asse che, iniziando da Prodi, passa per Tommaso Padoa Schioppa, Pierluigi Bersani, Enrico Letta, persone ineccepibili per competenza tecnica, per le quali però l’economia necessita anche di una progettazione politica attenta alla molteplicità degli indicatori della qualità della vita (cultura, sviluppo sostenibile, responsabilità verso le nuove generazioni…). Il progetto del nuovo governo parte dall’analisi esposta da Prodi, in sintesi, in questi termini: negli anni Settanta e Ottanta non avevamo la stabilità degli indicatori macroeconomici, ma potevamo contare sulla crescita economica; negli anni Novanta non avevamo crescita, ma potevamo contare sulla stabilità; ora mancano sostanzialmente stabilità e crescita. Oggi occorrono decisioni forti e soprattutto condivise, con tutti, è stato il richiamo del neopremier. Chissà che non riesca ancora il miracolo che si era materializzato nel ’96, con la nostra entrata nell’euro che tanti davano per impossibile: il presidente del Consiglio è lo stesso, il Ciampi di allora ha un autorevole successore nell’attuale ministro dell’Economia. Ma la sfida non è soltanto di mantenere i parametri per restare nella zona euro. Sul fronte economico viene da chiedere un’apertura in più, prendendo in prestito un passaggio dell’intervento del neodeputato Khaled Fouad Allam, musulmano di origine algerina, esponente di una nuova coniugazione di rappresentanza nazionale: La nuova questione economica è oggi globale e locale insieme…: ci obbliga a pensare l’economia anche in termini di giustizia. Perché, in un momento di difficoltà economica, accanto ad una sana opera di riassesto dei conti pubblici con le necessarie trasformazioni di sistema, non sforzarci di tenere aperto il più possibile l’orizzonte sulla comunità politica globale? Relativizzare i propri bisogni sulla necessità altrui, il proprio sviluppo sulla velocità di chi è più lento, potrà rimettere in pista, tra le cifre, valori come coesione sociale, felicità e, perché no, la logica del centuplo, evangelicamente promesso a chi lascia del suo. Un inizio può essere rappresentato dalle proposte contenute nella replica di Prodi al dibattito alla Camera: quella di una Banca del Mediterraneo con una partecipazione paritaria di tutti i partner del nord e del sud del mare nostrum e l’impegno a tenere fede alla promessa mille volte proclamata, e mille volte tradita, di dedicare una percentuale fissa del reddito nazionale alla cooperazione internazionale, intesa come strumento per una politica preventiva di pace. L’Europa, un cardine per Prodi: In politica estera è centrale per noi l’Europa. Contare nell’Europa è il nostro modo di contare nel mondo. Oggi ci sarà da scontrarsi con egoismi nazionali vecchi e nuovi e occorrerà un supplemento di coraggio politico. La richiesta che noi facciamo è quella di riannodare saldamente i fili con la grande idea di Europa dei padri fondatori. Essi, in un difficilissimo momento di ricostruzione nazionale, ebbero il coraggio di superare la contingenza, affrontata per altro efficacemente, per costruire l’Europa unita. Seppero attuare in questo modo una vera e propria comunione dei beni, condividendo la sovranità su alcune materie per creare uno spazio comune come baluardo di pace, un luogo politico comunitario e un motore di prosperità, aperta alla necessità dei continenti più poveri. Le riforme. Nella replica del premier vi è un’interessante precisazione: noi ci impegniamo a garantire la continuità, pur essendo chiamati ad attuare un programma di riforme forti che, in alcuni casi, richiedono anche la discontinuità. Voglio ribadire che noi non crediamo di avere la verità in tasca, ma siamo interessati al dialogo, con un largo coinvolgimento. È un concetto che dovrà avere oggi, secondo noi, una accezione ben più ampia del solo necessario coinvolgimento tra rappresentanti di maggioranza e di minoranza. Dovrà essere un coinvolgimento reale della ricchezza organizzativa, economica e culturale di quella parte importante del Paese, cosciente della sua soggettività politica, che è la società civile. Partecipazione e sussidiarietà non potranno restare chiuse nello spazio di un articolo di legge, ma diventare i cardini dell’impianto delle prossime riforme: specchio di una nuova concezione della politica come sfondo all’organizzarsi della società, come servizio alla ricchezza e varietà del corpo sociale. Un segno in questa direzione può diventare il ministero della Famiglia, se non sarà trasformato in un luogo sterile di scontro tra ipotesi ideologizzate, ma diventerà il fronte da cui verificare in corso d’opera le conseguenze che i diversi provvedimenti economici, sociali e fiscali producono sulle famiglie italiane così come ha chiesto il sen. Bobba, a cui ha fatto da rinforzo, dal fronte politicamente opposto, l’accorato appello dell’on. Santolini. Il coraggio della buona politica , espressione finale dell’intervento di Prodi, chiama tutti alla responsabilità: il tempo della opzione è finito. Adesso è tempo di costruire, insieme, il bene comune. Lucia Fronza Crepaz

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