Il giubileo della misericordia e l’uso della forza
All’improvviso, al cuore della Quaresima, il papa ha annunciato il grande Giubileo della misericordia, incarnato nella conclusione del Concilio vaticano II, l’8 dicembre di questo anno, da concludere il 26 novembre 2016, festa di Cristo re, ma anche accanto alla nascita di papa Giovanni, il 25 novembre 1881.
Come si vede, il tema della misericordia, nome stesso di Dio, viene declinato nell’evento del Concilio e nella memoria del cristiano Roncalli, che prende il nome di papa Giovanni, quando diventa vescovo di Roma. Certo, la memoria liturgica di Maria, che genera e custodisce la grazia del Concilio. Lei, donna dello Spirito Santo, lo attrae nel cenacolo e lo prega per tutta la sua vita. Certo, la festa di Cristo re, che conclude l’anno liturgico e ci consegna una regalità nella passione e nella debolezza, a misura di Gesù servo e schiavo di Dio.
Al tempo stesso c'è la memoria del Concilio e di papa Giovanni. Nel discorso di apertura papa Giovanni tra l’altro dice: «Ora tuttavia la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia, piuttosto che della severità…Così stando le cose, la Chiesa cattolica, innalzando per mezzo di questo Concilio ecumenico la fiaccola della verità religiosa, vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà anche verso i figli da lei separati. Al genere umano,oppresso da tante difficoltà, essa, come già Pietro, al povero che gli chiedeva l’elemosina, dice: "Io non ho né oro né argento, ma ti do quello che ho: nel nome di Gesù Cristo nazareno, levati e cammina” (At. 3,36). La Chiesa cioè agli uomini di oggi non offre ricchezze caduche, non promette una felicità solo terrena, ma partecipa ad essi i beni della grazia divina, che, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono validissima tutela e aiuto per una vita più umana».
Il Giubileo diventa memoria e profezia del Concilio come misericordia verso tutti, a cominciare dai piccoli della terra, e chiama tutti a vivere la missione come conversione di tutto il popolo al grande annuncio di misericordia, da cui nessuno è escluso: neanche i terroristi che usano il terrore per devastare i cuori; neanche chi viola l’innocenza dei piccoli; neanche chi commercia con le armi per affermare il suo potere; neanche chi usa il mistero di Dio per uccidere i fratelli.
Papa Giovanni diventa la figura del credente di questo tempo di misericordia: amico dei poveri e della pace, inginocchiato davanti al libro e al calice, uomo delle fonti e non dei saggi, libero dai calcoli e dalle astuzie ecclesiastiche, capace di parlare ai piccoli, dai bambini ai carcerati; cristiano della tenerezza e della misericordia, che consegna la sua carezza a chi è nella prova e nel dolore.
Papa Francesco in questo modo chiama tutto il popolo di Dio povero e umile a camminare con lui non nelle discussioni faticose sugli astratti principi, sulle formule rarefatte dei teologi, ma nella ricerca dell’unico Vangelo di Dio, che alimenta il sensus fidei (il senso della fede) degli affamati, degli assetati, dei carcerati, dei pellegrini, malati, nudi. Ecco il popolo di Dio, che vive della sua misericordia, che non teme l’urto del mondo, che ha la fede e non la paura.
Questo popolo di Dio povero vive persecuzioni violente in molte parti del mondo, dal Medio Oriente all’Africa, al Pakistan. Persecuzioni legate alla geopolitica, all’occidente e alle sue guerre fatte in nome della democrazia, oltre che del virus della violenza e del fondamentalismo che rischia di attecchire in certe fazioni religiose.
Sabato papa Francesco ha annunciato il giubileo della misericordia e ieri all’Angelus ha parlato della persecuzione dei cristiani. Ha detto, con voce spezzata e sofferente:”Imploro dal Signore…che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace”.
C’è come un rapporto tra il grande Giubileo della misericordia e la persecuzione dei cristiani. Alcuni prelati hanno ripreso a parlare della teologia della guerra, del disarmare l’aggressore, dell’uso della forza. Ma in realtà l’unica forza della Chiesa confessante è la grande misericordia, che tocca e cambia i cuori, è l’agire di Dio, che «perdona coloro che non sanno quello che fanno». È l’essere misericordiosi, come e perché Dio è misericordioso.
Non ci sono alternative al Vangelo, quando il Trafitto sarà innalzato per attirare tutti a sè, come dice il Vangelo di Giovanni. Dice Gesù, nel Vangelo di Luca, quando annuncia i tempi ultimi: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di rendere testimonianza (martoria). Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa, io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né combattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati per causa del mio nome, ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime».
Nel tempo delle persecuzioni nessuna strategia militare, ma semplicemente il mistero della misericordia vissuto fino alla fine. Ecco quello che papa Francesco ci chiede, chiede ai cristiani perseguitati in molte parti del mondo, che spesso pagano il prezzo delle scelte sbagliate e di guerra dell’Occidente cristiano. Non una scelta di sconfitta e di resa, ma di testimonianza, che ha le sue radici nel battesimo. Una testimonianza disarmata, per disarmare le mani e i cuori. Ecco il Vangelo disarmato della pace, che cambia la storia.