Il giovane Montalbano
Ricordare significa “riportare al cuore”. Il 23 febbraio scorso, Il giovane Montalbano, su Raiuno, ha mostrato proprio questo: il personaggio interpretato da Luca Zingaretti, è il risultato di esperienze vissute in giovinezza, quando il giovane poliziotto ha imparato a essere quello che sarebbe diventato in seguito. Lo sceneggiato, prodotto in sei puntate da Palomar e Rai Fiction, intende offrire al pubblico l’esperienza di un giovane nel momento in cui è più insicuro nei rapporti personali e professionali, ma che già lascia intravedere l’uomo di domani.
Come ha detto il regista Gianluca Tavarelli, si è voluto far emergere «la vita privata di un giovane, fatta di avventure e amori, che nascono e finiscono, di strade che con dolore si separano e percorsi nuovi che invece s’intraprendono».
Michele Riondino interpreta il giovane commissario: ce l’ha messa tutta ed è riuscito a interpretare Montalbano mantenendone inalterate alcune prerogative: il confronto con Zingaretti è perciò inutile. Lo si accetta solo se si pensa che il nocciolo della questione sta proprio nel fatto che questo Montalbano è lo stesso di prima, e ci prepara a quello che già conosciamo. La coincidenza è stata possibile anche perché tra gli sceneggiatori c’è Andrea Camilleri, dalla cui penna è nato il commissario di Vigàta.
Il successo c’è stato tutto: la fiction ha confermato l’ottimo lavoro di regia e di casting, che ci ha reso una Sicilia raramente vista sugli schermi. La cosiddetta “cifra d’autore”, per fortuna, non manca mai a Montalbano, in nessuno dei due casi.