Il giorno dopo l’accordo ha un retrogusto amaro

A Bruxelles  le 17 ore di psicodramma per concedere gli aiuti alla Grecia hanno lasciato strascichi non da poco in tutta Europa. In attesa del voto di Atene
Atene

Nessuno è contento del risultato del summit più lungo della storia dell'Unione europea. Forse solo Hollande ("padrino" dell'accordo) può rivendicare un qualche successo (che però non ha riflessi positivi in patria). Angela Merkel non si è elevata a leader europeo e a casa sua deve fare i conti con una forte opposizione anche popolare all'accordo. Tsipras ha tre giorni di fuoco in Parlamento e un partito a pezzi. Renzi e Juncker sono stati esclusi da tutti i summit ristretti che contavano. E via dicendo. Una cosa è certa: senza arrivare alle dichiarazioni di un Nobel come Krugman («Il progetto europeo è morto», su La Repubblica), è evidente come l'Unione europea non possa vivere solo di euro, senza cioè ideali condivisi. Fraternità in testa, come scrivevo ieri. 

E in Grecia? I sentimenti del popolo credo possano essere sintetizzati nel messaggio che abbiamo ricevuto ieri in redazione, scritto da un altissimo funzionario dell'amministrazione statale greca. Una persona che ha studiato all'estero, che non appartiene a Syriza e che lavora indefessamente. Eccolo, senza commenti:

«Sono stati due giorni molto difficili. Ho dormito pochissimo perché seguivo gli sviluppi su tutte le reti televisive, nazionali ed estere. Che tristezza! Certamente  un accordo è meglio di un non-accordo che risulterebbe un disastro completo, però il prezzo da pagare è enorme. 

Ma c'è una cosa molto più grave per me: l'umiliazione. Questo non è un modo di comportarsi. Va bene, ci sono state tattiche sbagliate, sono stati commessi gravi errori di negoziazione da parte nostra, ma questo non giustifica i comportamenti e gli attegiamenti adottati da certi Paesi. Veramente non c'era bisogno di umiliare così la delegazione greca e la Grecia. In fin dei conti, quando noi producevamo civiltà e democrazia,  certi popoli dormivano sugli alberi… Non riesco a vedere nell'Unione di oggi né uguaglianza, né libertà, né democrazia e, certamente, neppure fraternità. Di una cosa sono sicura: che Schuman e Jean Monnet si vergognerebbero della Ue di oggi. 

Continuo a credere che il mio Paese sia un esperimento, purtroppo non in laboratorio, che costa vite, dignità, orgoglio e che, inter alia, si usa per scoraggiare altri Paesi a deviare dalla linea tedesca. Mi preoccupo di quello che succederà ora: sviluppi politici, difficoltà di cooperare – è gia difficile tra persone, figuriamoci tra diversi partiti – e, soprattutto, difficoltà di attuare un accordo impossibile. Un accordo che sarebbe tanto duro per ogni Paese, figurati per uno già  esaurito. So che il mio popolo ha tante qualità e un grande potenziale che certe volte non sa come usare. Voglio sperare che abbia imparato qualcosa da questa dura lezione e che farà del suo meglio, prima di tutto per sopravivere con dignità e poi per dimostrare a tutti che ne valeva la pena".

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