Il giorno decisivo per la Grecia

Diario da Atene dove sono già aperti i seggi per decidere la permanenza o l'uscita dall'euro. Il Paese è spaccato in due e l'esasperazione è alta: cinque anni di austerity hanno messo in ginocchio un popolo. Dal nostro inviato
Atene

Orgoglioso di essere greco! Il volo tra Bucarest e Atene era pieno di turisti, in prevalenza rumeni, che se ne vanno verso le spiagge delle isole greche proprio nel momento in cui il popolo è chiamato a una delle decisioni più importanti della sua storia moderna.

 

L'unica preoccupazione che sembra creare qualche imbarazzo ai viaggiatori è quello del cambio della valuta in caso di vittoria dei no all'accordo con l'Europa. «Ho portato tanti dollari e pochi euro» dice un uomo in bermuda sui 60 anni, mentre sua moglie è categorica: «Meno male che in Romania abbiamo ancora i 'lei'. Nell'euro dobbiamo entrarci il più tardi possibile». Tra i passeggeri trovo un greco, un quarantenne in carriera: «Non so cosa voterò domani. Il cuore mi spinge a votare no, la ragione invece sì. Deciderò all'ultimo momento, dopo averne discusso con la famiglia e gli amici. È una decisione del popolo sovrano . Mi sento pienamente in democrazia. Torniamo ad esserne la culla. E speriamo di far la scelta giusta». Anche questa è la nostra Europa: mentre si decide una parte importante del futuro politico del continente e della povertà di tanta gente, altri se la godono sulle spiagge approfittando dei prezzi bassi del turismo ellenico.

 

Esasperazione. Frustrazione. Confusione. Sono i tre termini che mi sembra descrivano meglio l'atmosfera che si respira ad Atene. Ho parlato con imprenditori, giornalisti, madri di famiglia, musicisti, disoccupati. Lunghe conversazioni che hanno ruotato attorno a questi tre sentimenti. Quel che più fa male è l'impressione che l'Europa sia morta nel cuore dei greci, perché è un'Europa dei banchieri, dei burocrati, delle ricche nazioni del Nord e non più l'Europa dei popoli.

 

Si, i più lucidi qui ad Atene sanno riconoscere le colpe dei greci, dei politici greci in primis, le loro leggerezza e le loro reiterate corruzioni. Ma cinque anni di austerity hanno esasperato, hanno frustrato e hanno confuso un intero popolo. Così non si può andare avanti. Il blocco bancario rischia di essere il colpo di grazia all'economia ellenica. Le madri sono lo specchio di questa situazione insostenibile: pensano ormai di emigrare con i figli, perché qui non c'è più futuro per loro. E quando la Troika ha posto sotto controllo persino i versamenti tra consanguinei, la natura stessa della famiglia tanto cara ai greci è stata in qualche modo attaccata.

 

Oggi che vinca il Sì o il No poco importa. Perché la Grecia è stata spaccata in due. Perché l' esasperazione di tanti rischia di esplodere in disordini sociali difficili da controllare. Non sembra vi siano gli estremi per un colpo di Stato, ma che le piazze possano esplodere questo sì. Soprattutto se a vincere saranno i no con le conseguenze di una rottura nella UE. Ma se i no vincessero la scossa per l'Europa sarebbe forte e forse salutare. In ogni caso bisognerà ritrovare la via della politica. Non solo quella del compromesso pur necessario ma della visione.

Che idea abbiamo ormai di Europa? Chiediamocelo. Dove nascerà una vera solidarietà pan-europea?

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