Il Gesù di Nazareth del papa piace agli ebrei

Anticipazioni alla stampa del secondo volume di Benedetto XVI, cui il papa rimette in luce la non colpevolezza degli ebrei per la morte di Gesù. E il mondo ebraico plaude
Papa a Londra

Un fatto raro e per questo prezioso. Il nuovo libro di Benedetto XVI su Gesù di Nazareth è piaciuto anche agli ebrei. Apprezzamenti sono arrivati ieri dal World Jewish Congress (Wjc), dall’ambasciata di Israele presso la Santa Sede, dal premier israeliano Benyamin Netanyahu e, venendo a casa nostra, dal presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Elia Enrico Richetti.

 

In realtà il volume del santo padre che ripercorre in questo secondo tomo la vita di Gesù dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, sarà presentato ufficialmente a Roma giovedì 10 marzo con eventi in contemporanea anche in altre capitali d’Europa. Ma, mercoledì scorso, la sala stampa vaticana ha anticipato ai giornalisti alcuni stralci del volume relative alle ore decisive che precedettero la morte di Gesù.

 

Una ventina appena di pagine, che contengono però alcuni spunti e chiarimenti importanti che hanno appunto attratto l’attenzione non solo degli addetti ai lavori e dei cattolici, ma anche degli ebrei. Nel paragrafo relativo alla Verità davanti a Pilato il papa si lancia in una lunga e dettagliata analisi per identificare chi furono realmente gli accusatori di Gesù, smontando in maniera rigorosa e scientifica la falsa tesi secondo cui fu “il popolo” di Israele ad essere responsabile della sua morte.

 

In realtà, dal punto di vista strettamente dottrinale, non c’è nulla di nuovo in quanto la Chiesa cattolica aveva già rigettato la tesi della colpevolezza del popolo ebraico in un documento approvato addirittura nel 1965 dal Concilio Vaticano II. Il pregiudizio però – radicato in 2000 anni di allontanamento e incomprensioni – è rimasto. Per questo è importante che un papa (e un papa di nome Joseph Ratzinger) abbia dimostrato l’inaffidabilità di questa tesi, a partire dall’analisi esegetica dei brani del Nuovo Testamento sulla condanna di Gesù da parte di Ponzio Pilato.

 

E gli ebrei hanno gioito. «Per molti secoli – ha detto Ronald S.Lauder, presidente del World Jewish Congress (Wjc) – gli ebrei hanno sofferto per la brutale persecuzione e l’antisemitismo a causa del fatto che i cristiani li ritenevano collettivamente responsabili per avere ucciso Gesù Cristo, sebbene lui stesso fosse ebreo e crocifisso dai dominatori romani. Duemila anni dopo quei fatti, era ora che il capo della chiesa cattolica pronunciasse parole chiare su  tutto questo. È un’importante pietra miliare contro l’antisemitismo nella chiesa».

 

Ancora più ufficiale è la nota dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede che esprime “apprezzamento” per le parole del papa sulla non-responsabilità degli ebrei e la speranza che l’atteggiamento positivo del Pontefice sia “di ispirazione” per i cattolici nel mondo. «Non è in sé una novità – commenta il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Elia Enrico Richetti ma è importante che il papa l’abbia riaffermato. L’importante – incalza il rabbino italiano – è che diventi strumento di teologia e dottrina per tutti gli insegnanti di catechismo e per le prediche dei sacerdoti».

 

Abbiamo raggiunto telefonicamente padre Innocenzo Gargano, priore del monastero di San Gregorio al Celio, grande esperto di ebraismo nonché ispiratore dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli.

 

Ma c’era davvero bisogno di una parola del papa?

«Dal punto di vista della ricerca, la problematicità è ormai un dato acquisito. Il fatto che però anche il papa metta davanti al mondo la problematicità di questo processo è molto importante. Che poi il papa condivida determinate soluzioni è altrettanto importante. Mi chiederei piuttosto se l’opinione pubblica sia stata davvero raggiunta da queste conclusioni degli addetti ai lavori. Questo purtroppo rimane un interrogativo aperto. E questo mi fa dire che è estremamente positivo che il papa abbia assunto le tesi dei grandi ricercatori su questo problema e abbia aperto ad una interpretazione che, si spera, diventi anche mentalità comune. Questo vale sia per ciò che riguarda gli accusatori di Gesù, sia soprattutto per quella famosissima auto-invettiva: "Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli"».

 

Un’auto-invettiva che ha generato tanti problemi…

«Su questa auto-maledizione purtroppo si è costruita tutta la persecuzione degli ebrei, portando addirittura i cristiani a sentirsi in dovere di far soffrire gli ebrei perché dovevano far loro scontare il male che avevano fatto. Aver rovesciato tutto, aver trasformato quell’affermazione da invettiva a profezia, è molto importante. Se passa questo messaggio e passa con l’autorevolezza di un papa e diventa opinione pubblica, finalmente riusciremo come cristiani a leggere il Vangelo a partire dall’elezione di Israele e non più dalla sua sostituzione».

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