Il “genio femminile” di Chiara Lubich

Una conferenza di Juan José Tamayo a Palencia sulla fondatrice dei Focolari, nell’ambito delle iniziative sulla donna promosse durante il mese di marzo 2024 nella più antica sede universitaria della Spagna.
Foto di Javier Rubio: José Luis Rodríguez Sáenz (a sinistra) e Juan José Tamayo (a destra) al convegno di Palencia (Spagna).

Non mi aspettavo quell’intervento. Avevo visto entrare nella sala dove si sarebbe svolta la conferenza due suore, in abito tutto nero e la testa coperta. Si sono sedute in fondo e ho pensato che forse volevano passare inavvertite. Impossibile! Proprio alla fine, quando si è aperto lo spazio a domande e impressioni, una di loro alza la mano. Non ricordo le parole precise ma la sintesi di quello che ha detto era: da quando ho conosciuto la spiritualità di Chiara Lubich, ho capito che dovevo essere fedele al carisma del mio fondatore. Affermazione seguita da un ampio e discreto sorriso che le ha illuminato il volto.

Eravamo a Palencia, città (circa 80 mila abitanti) capoluogo di provincia nel nord della Spagna, che si vanta di essere stata sede della prima università spagnola, cioè gli Studia generalia dell’epoca: trivium e quadrivium (lettere e scienze), fondata nel lontano 1212 da re Alfonso VIII di Castiglia. Nel volgere di pochi anni era però andata in declino e nel 1218 un altro re aveva spostato l’università a Salamanca, che resta una delle più antiche d’Europa. Nelle aule di Palencia si sono formati personaggi come Domingo de Guzmán, il fondatore dell’ordine domenicano (san Domenico), o il poeta Gonzalo de Berceo, considerato uno dei pilastri della lingua castigliana, una sorta di Dante Alighieri per lo spagnolo. Come mai ero capitato lì?

Oggi a Palencia c’è un piccolo campus universitario, dipendente dall’Università di Valladolid, dove è possibile frequentare alcune facoltà (Ingegneria agricola, Scienze del lavoro, Scienze della Formazione…) e conta anche alcune cattedre particolari. Tra le attività e conferenze promosse dai diversi dipartimenti in questo mese di marzo, non potevano mancare quelle incentrate sulla donna: «Digitalizzazione, nuove tecnologie e intelligenza artificiale in una prospettiva di genere», «La bussola viola», «L’educazione sessuale come strumento per la promozione dell’etica e dell’uguaglianza». E anche: «Il genio femminile di Chiara Lubich». Quest’ultima era una conferenza di Juan José Tamayo, uno dei teologi più controversi e battaglieri nei confronti dell’autorità ecclesiastica. Ero proprio incuriosito.

Juan José Tamayo Acosta (1946), invitato dal professor José Luis Rodríguez Saez (dipartimento di Psicologia dell’Università di Valladolid), attira anche solo a mettere il suo nome in un programma. Ha un vasto curriculum ed è noto per il suo sostegno alla teologia della liberazione. Insegna come professore ospite in diverse università della Spagna e Latinoamerica e ha un’importante produzione scritta, sia libri che articoli. Questa volta aveva accettato l’impegno di presentare la figura di Chiara Lubich anche per i legami che ha con l’università, giacché lui è nato da quelle parti. E certamente, da buon oratore, l’ha fatto splendidamente.

Pur confessandosi “ignorante” rispetto alla figura che doveva presentare e del movimento da lei fondato, Tamayo ha seguito le informazioni che ha trovato nel libro dello storico Maurizio Gentilini (Chiara Lubich. La via dell’unità, tra storia e profezia), tradotto e pubblicato in spagnolo nel 2021. A detta di uno dei partecipanti, membro dei Focolari, Tamayo «ha saputo inquadrare la figura di Chiara nella realtà sociale ed ecclesiale del suo tempo. Interessante il punto di vista di una persona che da fuori mette in luce la capacità di Chiara come leadership femminile in una Chiesa patriarcale, e soprattutto il suo tendere alla fraternità universale. Ha posto l’accento anche su quanto sia importante promuovere il dialogo ecumenico, interreligioso e con le persone senza riferimento religioso; a quest’ultimo ha dato grande importanza».

Infatti, Tamayo aveva a iniziato il suo intervento affermando che il suo desiderio di «recuperare la memoria» di una persona che merita di essere ricordata per il contributo che ha dato al pensiero del XX secolo. E se poi – bisogna dirlo – si tratta di una donna, è ancora più importante.

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