Il futuro della Chiesa
Un testamento spirituale con un discorso a braccio durato 47 minuti: così Benedetto XVI si è congedato dall’incontro, programmato come sempre per ogni primo giovedì di Quaresima con i sacerdoti della sua diocesi di Roma. Il papa è accolto da tre minuti di applausi interminabili e anche se dice di voler fare «una piccola chiacchierata» in realtà fornisce una ricostruzione dettagliata, personale, profonda della genesi dei dibattiti e delle discussioni conciliari. Sembra quasi sia stata l’esperienza ecclesiale più affascinante e entusiasmante della sua vita.
«Tutti credevamo ‒ dice il papa ‒ che si doveva procedere nel rinnovamento» e c’era «una speranza incredibile, una nuova Pentecoste» perché il Concilio Vaticano II affermò che «noi siamo la Chiesa, tutti insieme, non una struttura. Ma noi cristiani siamo il corpo della Chiesa», parlando anche di «collegialità» dei vescovi come «elemento portante della Chiesa».
Sentimenti contrastanti hanno attraversato i sacerdoti di Roma: commozione, amarezza, serenità.
«Ci sentiamo un po’ persi ‒ dice don Stefano Lo Cascio ‒ perché è il nostro pastore che se ne va». Don Stefano, nonostante il cognome palermitano, è figlio di uno dei più noti architetti francesi ed è stato ordinato da Benedetto XVI nel 2008 ed ora è vice parroco a San Giovanni Battista De Rossi nel quartiere Appio Latino a Roma. «Mi ha colpito vedere il papa così in salute e lucido. Restano molti interrogativi, un senso di amarezza, ma anche una grande fiducia in Cristo che è la guida suprema della Chiesa. Per cui resto speranzoso per il futuro».
«Ho notato nel papa ‒ aggiunge Don Roberto Cassano, viceparroco a San Girolamo a Corviale ‒ una grande serenità che ha trasmesso anche a me. Rimane un po’ di tristezza per non poter più ascoltare e leggere le sue brillanti catechesi e omelie molto semplici e profonde tanto da poterle usare per il catechismo dei bambini». «La sua ‒ spiega ‒ è una scelta coraggiosa perché è come rinchiudersi in clausura. Come ultimo atto, le sue riflessioni sul Concilio, ci ha dato molto da fare».
Il Papa, infatti, invita «a lavorare affinché il vero Concilio, con la forza dello Spirito Santo, agisca e sia rinnovata la Chiesa» nella speranza che «questo Concilio vinca». Non il Concilio veicolato dai media dell’epoca come lotta di potere. Per il papa si è imposta una visione del Concilio «virtuale» e non quella «reale». «E tramite i media è arrivato al popolo non quello dei padri, che era il Concilio della fede che cerca la parola di Dio, ma quello dei giornalisti che non si è realizzato nella fede ma nelle categorie dei media fuori della fede, con al centro l’ermeneutica politica». Quanto alla lettura nello spirito del Concilio, il papa sostiene che «c’è ancora molto da fare, essa ancora non è completa»: è quasi un programma per il futuro.
Oltre la commozione, i momenti intensi, gli interminabili e calorosi applausi resta «il papa che, da buon padre di famiglia, ‒ secondo don Massimo Talamona, parroco a Santa Maria Mater Ecclesiae al Torrino ‒ lascia ai suoi figli da vivere l’esperienza, nella vera interpretazione da lui fornita, e quanto elaborato dai padri conciliari per il futuro della Chiesa».
Anche se «ritirato in preghiera ‒ conclude il papa ‒ sarò sempre con voi nella certezza che vince il Signore».