Il futuro della Chiesa in America

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L’ottavo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI – negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite – ha avuto un duplice risultato, che forse alla vigilia non era stato previsto. Lo ha sintetizzato il papa stesso, salutando via radio i fedeli di New York e di tutto il Paese. Sono venuto negli Stati Uniti per compiere la mia missione di confermare i fratelli nella fede; ma ora devo dire che i cattolici locali stanno confermando me nella mia fede. Questo mi dà una grande gioia. E posso soltanto ringraziare voi. Tutt’altro che una frase ad effetto, le parole del papa fotografano bene quanto è avvenuto nel corso della sua visita, svoltasi dal 15 al 21 aprile, tutta racchiusa in questo scambio reciproco che ha toccato corde molto profonde nei sentimenti di Benedetto XVI e del popolo statunitense. Per Benedetto XVI si è trattato del primo viaggio in cui si è confrontato direttamente con una società fortemente pluralista e multiculturale. E, altro aspetto non secondario, lo aspettava una Chiesa che, pur forte di un radicamento sociale che ne fa la principale Chiesa del Paese, era in grave sofferenza per le vicende legate agli scandali degli abusi sessuali. Sullo sfondo poi le altre grandi questioni che segna- no la coscienza collettiva del Paese: lo choc dell’11 settembre, la guerra al terrorismo e quella in Iraq, i problemi etici della difesa della vita. Ne è scaturito un incontro che si è rivelato subito sincero, leale. E se la rivista Time, pochi giorni prima dell’arrivo di Benedetto XVI, titolava: Il papa ama l’America, si può dire con altrettanta sicurezza che gli Stati Uniti hanno rivelato tutto il loro bisogno di essere amati. Il tono e le parole scelte dal Papa hanno avuto una costante attenzione pedagogica, nel richiamare in positivo il ricco patrimonio ecclesiale ed umano di un Paese che ha saputo costruirsi affrontando grandi sfide, e al quale i cattolici hanno contribuito in maniera significativa. Forte è stato l’incoraggiamento a continuare ad accogliere gli immigrati e l’apprezzamento per le tante iniziative caritative e umanitarie, nonché per l’attenzione riservata alla educazione religiosa ed alla rete delle scuole cattoliche. Così come netta è stata la condanna degli episodi di abusi sessuali su minori da parte di religiosi e sacerdoti, definiti segni contrari al Vangelo della vita e che hanno provocato un dolore enorme. Il papa ha elogiato l’azione riparatrice promossa dai vescovi americani (di cui è stato segno l’incontro di Benedetto XVI con un piccolo gruppo di vittime) e l’opera eccellente portata avanti dalla stragrande maggioranza dei sacerdoti e dei religiosi in America. Ed ha denunciato le troppe manifestazioni degradanti e la volgare manipolazione della sessualità, oggi così diffuse attraverso i media e nei comportamenti, per cui il peccato d’abuso è un problema che riguarda non solo la Chiesa, ma ogni settore della società, esigendo quindi una risposta determinata e collettiva. Il tema del viaggio era racchiuso in tre semplici ma essenziali parole: Cristo nostra speranza. Speranza, ha ripetuto nei suoi discorsi, che uomini e donne di ogni lingua, razza, cultura, religione e condizione sociale, possano davvero formare una famiglia di persone e popoli che vivano in fraternità. E come lui stesso ha mostrato incontrando i rappresentanti delle comunità ebraica, musulmana, indù, buddhista e jainista; visitando la sinagoga a New York, con gli auguri alla comunità ebraica per la festa della Pasqua; parlando alla tribuna dell’Onu nel 60° della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ma, nel realismo della fede, Benedetto XVI ha invitato a guardare anche ai problemi che vive la società statunitense e ne mettono a rischio gli stessi fondamenti. Sono segni che vanno capiti e affrontati affinché anche lì arrivi l’annuncio del Vangelo, l’amore di Dio. Segni di alienazione, rabbia e contrapposizione in molti nostri contemporanei; dimenticanza di Dio. Ed anche nella Chiesa la presenza di divisioni e polarizzazioni . Di qui la sfida che il papa ha posto ai cattolici americani: superare le divisioni e lavorare insieme, creando nuovi luoghi di speranza in ogni settore della società e della cultura americana. Il futuro della Chiesa in America deve oggi iniziare a sorgere, ha rimarcato lasciando intendere che c’è una pagina nuova da scrivere, superando ogni separazione tra fede e vita, opponendosi ai falsi vangeli di libertà e di felicità e respingendo la falsa dicotomia tra fede e vita politica, poiché come ha affermato il Concilio Vaticano II, nessuna attività umana, neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al dominio di Dio (LG, 36). E ancora: Agite per arricchire la società e la cultura della bellezza e della verità del Vangelo. Verità che ci rendono liberi, e che sono le sole che possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti di ogni uomo, donna e bambino nel mondo, compresi i più indifesi tra gli esseri umani, i bimbi non ancora nati nel grembo materno. Non è un caso che la consegna sia avvenuta nello stesso giorno in cui Benedetto XVI si era recato in visita a Ground Zero, il luogo dove la coscienza collettiva degli Stati Uniti è rimasta cristallizzata nel vuoto di quel crollo delle Torri, e nel dolore per la distruzione di così tante vite umane. È tempo di nuovi orizzonti. Quelli indicati nella preghiera recitata lì dal papa: Dio della pace, porta la tua pace nel nostro mondo violento.Volgi verso il tuo cammino di amore coloro che hanno il cuore e la mente consumati dall’odio. Concedici la saggezza e il coraggio di lavorare instancabilmente per un mondo in cui pace e amore autentici regnino tra le nazioni e nei cuori di tutti. IL PAPA E GLI STATI UNITI Non è uno che parla dall’alto, ma che tratta da adulti, capisce l’uomo moderno che lotta con le questioni difficili della vita, senza risposte semplici e facili. Chi parla è Mary Ann Glendon, della università di Harvard e ambasciatore Usa in Vaticano. Il papa si è incontrato con piccoli gruppi per poter interagire con ciascuno. Li ha guardati negli occhi, presi per mano, accarezzato i loro volti, condiviso dolore e gioia. È nato un rapporto personale, cuore a cuore. Qualcuno ha commentato: Quando il papa mi ha guardato, mi sono sentito guardato da Gesù e benedetto per tutta la vita. Molti hanno ritrovato la loro identità di cattolici, nel sentirsi un tu nel rapporto col vescovo di Roma. Tanti commenti hanno seguito il momento solenne che si è svolto a Ground Zero: Mio figlio è morto qui; il suo corpo non è mai stato ritrovato. Questo è il nostro cimitero, e oggi il papa ha benedetto questo camposanto . Qui pregheremo per una conversione d’amore, specialmente fra quelli che sono consumati dall’odio . Siamo un popolo di Pasqua che vive in un mondo di Venerdì Santo. Papa Bendetto è andato aldilà delle tradizioni religiose e culturali, lanciando un invito al dialogo. Ha toccato le persone e conquistato i cuori di quelli che sono venuti a vederlo, ma anche di coloro che l’hanno seguito per Tv, radio, stampa e Internet. Il governatore di New York è stupito: Sembrava già di conoscerlo. C’è una separazione fra Chiesa e Stato, ma non ci può essere una separazione fra la Chiesa e lo spirito che abbiamo mentre compiamo i nostri doveri. Un giovane racconta: Non è necessario avvicinarti a lui perché ti possa toccare. Un altro: Senti da lui una energia, una pace, un sollievo soave dal mondo complicato in cui viviamo. Altri nella folla hanno gridato: Siamo lavoratori per l’unità, con te. E il papa: Sì, sì!. Dalla redazione di Living City

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