Il frutto degli dei
Il territorio dove mi ha guidato Luigia è una piccola valle che s’incunea tra colline verdeggianti: un sito riparato dai venti, ideale per la coltivazione del cedro, agrume che finora avevo conosciuto soltanto sotto forma di canditi o di bibita. Centinaia di questi alberelli dai rami muniti di spine aguzze e le lunghe foglie gradevolmente profumate tappezzano in bell’ordine il fondovalle e i declivi nei loro bassi vasi, sotto enormi telai di legno: strutture ricoperte da canne nei tempi che furono, oggi inveceda una rete in polietilene,per proteggere queste colture particolarmente sensibili al freddo invernale e alle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte.
L’amica, che dirige un’azienda agricola sperimentale a Lamezia Terme, mi spiega che in Italia, nel corso dei secoli, la coltivazione del cedro (Citrus medica) si è ristretta alla Campania, Sicilia e principalmente Calabria, dove venne introdotta dagli ebrei nel III e II secolo avanti Cristo per un motivo rituale espresso nel Levitico, dove è Dio stesso a indicare a Mosè, durante l’esodo verso la Terra Promessa, il cedro (etrog) come una delle quattro piante da utilizzare nella festa delle capanne insieme alla palma, al mirto e al salice. Il cedro rappresenta, infatti, il cuore dell’uomo, i peccati più intimi e inconfessabili; la palma alta ed eretta il peccato della superbia; il mirto l’occhio, il peccato della curiosità; il salice la bocca, il peccato della calunnia e della maldicenza.
La sua area di coltivazione privilegiata è la riviera tirrenica cosentina alle falde del massiccio del Pollino, nota come Costa dei Cedri; il territorio di Santa Maria del Cedro – dove appunto ci troviamo – viene considerato l’epicentro del commercio internazionale di questo pregiato agrume simile al limone, ma dal sapore meno aspro, che in alcuni casi può raggiungere il peso di due chilogrammi. Trattandosi di una pianta rifiorente in aprile, maggio-giugno, seconda metà di agosto-inizi di settembre, la raccolta dei frutti viene fatta in tre periodi dell’anno: in agosto, ancora verdi, vengono destinati al mercato religioso ebraico; in settembre al consumo fresco; e poi, da ottobre a dicembre, al settore cosmetico e alimentare, soprattutto all’industria dolciaria e per la preparazione di bibite.
Tra i ventidue comuni compresi fra Tortora e Paola che fanno parte della Costa dei Cedri, spiccano per la coltura del cedro (nella varietà Liscio Diamante) Scalea, Santa Maria del Cedro e Diamante, oltre ad alcuni centri montani che rientrano nel Parco del Pollino. Attualmente la produzione è tutelata, valorizzata e commercializzata da un consorzio che raccoglie più di cento cedricoltori.
Nel descrivermi storia e pregi di questo che viene considerato il capostipite di tutti gli agrumi, Luigia risale alla mitologia classica, secondo la quale esso fu il regalo di nozze di Giunone a Giove, ricordato anche come cibo delle Sirene: di qui la sua denominazione come “frutto degli dei”, diventato nel corso del tempo simbolo di perfezione, bellezza, fertilità. Incerta è la sua area di origine: alcuni studiosi lo ritengono proveniente dall’India, altri dalla Cina; è sicura solo la sua remota presenza in Persia (l’attuale Iran).
Il cedro è anche un concentrato di qualità benefiche per l’organismo. Per l’abbondanza di sali minerali e di vitamine, specialmente la C, e per le sue proprietà antiossidanti, è un vero alleato di colon, intestino, stomaco, reni, capelli e apparato cardiovascolare.
Una curiosità: tra le popolazioni dell’alto Tirreno cosentino sopravvive la credenza secondo la quale chi sogna un cedro è amato da Dio e che colei che ne mangia durante la gravidanza avrà un figlio maschio. Mentre ascolto l’amica mi viene da riflettere ad alta voce: sarà che col cedro, oltre che col bergamotto e una profusione di bellezze paesaggistiche, la natura ha voluto compensare questa terra calabra nota come la regione d’Italia più esposta ai rischi sismici e ai dissesti idrogeologici? A questo punto Luigia cita anche la produzione di liquirizia che ha reso famosa nel mondo la Calabria… Ecco l’argomento per un futuro itinerario!