Il filo d’erba e la palma

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Un libro di rara bellezza pubblicato dalla Fraternità di Romena, Senza varcare la soglia, svela il rapporto epistolare intercorso tra due anziani speciali, nati nel gennaio 1875, due grandi anime del XX secolo che si sostennero a vicenda pur non avendo avuto mai modo di incontrarsi: Sorella Maria e Albert Schweitzer. Meno nota la prima, diede vita a Campello, nel cuore dell’Umbria, a un’esperienza monastica innovativa basata sul ritorno alle fonti originarie del francescanesimo. Celebre invece il medico-musicista, premio Nobel per la pace, che profuse ogni sua energia tra i malati e i lebbrosi di Lambaréné, nel Gabon. Il testo contiene una sessantina di lettere – la loro più che decennale corrispondenza -, ma anche decine di foto, biglietti, disegni utilizzati a corredo di questa singolare amicizia a distanza. È Sorella Maria a scrivere per prima a Schweitzer il 14 gennaio 1950, in occasione del suo settantacinquesimo compleanno: da quel momento si sviluppa un filo delicato e prezioso che proseguirà anche oltre la morte dei due protagonisti – lei nel 1961, lui quattro anni dopo -, coinvolgendo sia la comunità dell’eremo, sia i collabo- ratori del dottore, alcuni dei quali visiteranno Campello. Evidentemente, anche solo attraverso lettere e senza mai poter varcare la soglia, come scrive Schweitzer, si è creata una comunione speciale. D’altra parte sono molti i punti in comune tra colei che si definisce un umile filo d’erba e la palma, in cui raffigura il pastore e medico alsaziano: una fede semplice, pura, essenziale, di grandi aperture ecumeniche (Un cristiano – sintetizza Schweitzer – è uno che ha lo spirito di Cristo. Questa, è l’unica teologia ); la capacità di una accoglienza profonda agli altri e a tutte le espressioni del creato (il rispetto per la vita dell’uno equivaleva alla veneratio vitae dell’altra); e infine la passione per la musica di Bach, le cui note Schweitzer, suonando anche a tarda notte il suo organo dopo una giornata sfibrante di lavoro, fa riecheggiare nella foresta equatoriale. Entrambi, inoltre, pur vivendo in luoghi nascosti e periferici rispetto ai centri pulsanti della ci- viltà occidentale, sono spiritualmente vicinissimi all’uomo nei suoi bisogni reali, sempre meno riconosciuti: lui su una ribalta pubblica di impegno per la pace, lei con la preghiera, il sacrificio e una rete di contatti e amicizie sia con alcune delle voci più innovative della Chiesa del tempo (da Ernesto Bonaiuti a Primo Mazzolari sino a Giovanni Vannucci), sia con figure come quella di Gandhi (che la riceverà durante la sua visita a Roma nel 1931). Nel loro carteggio queste esistenze parallele, appassionate della vita in tutte le sue espressioni, hanno modo di incontrarsi in libertà, offrendosi vicendevolmente frammenti del proprio vissuto, delle proprie speranze, anche delle proprie fatiche (entrambi sono alle prese con crescenti problemi fisici). Ma ogni lettera trasmette soprattutto la delicatezza dei loro animi, la bellezza delle attenzioni che si riservano. Anche per questo offrono un messaggio prezioso a questa nostra epoca di comunicazioni facili sotto l’aspetto tecnologico, ma che difficilmente riescono a far incontrare veramente le persone. CARA MADRE… VENERATO FRATELLO Scrivendo a lungo, ho affaticato la mia mano e i miei occhi… Ma scriverle è per me una gioia così profonda che non permetto alla mia mano e ai miei occhi di privarmene. Li risparmierò un’altra volta, non questa volta. (A. Schweitzer, 27 luglio 1950) Soffro, e soprattutto comunico col pathos del mondo e di ogni essere. La mia infermità è la mia forza (2 Cor 12, 10)… Pellegrino in Europa, lei porta lo stesso fardello che a Lambaréné, dove tornerà a Natale. Quando la guardo nella mia visione interiore, io venero la palma che lei è. Ma lei non dimentichi il filo d’erba che sono io. (Sorella Maria, 15 settembre 1954) Lassù, a fianco della piccola finestra, in certe date memorabili, accendiamo un faro che brilla durante la notte, e che è visibile da molto lontano nella valle. Il faro sarà illuminato la sera che precede la sua conferenza sulla pace, il 3 novembre. Spero che questa conferenza sarà stampata. Noi non abbiamo la radio all’eremo, ma la sua parola è la nostra luce. (Sorella Maria, 18 ottobre 1954) Le scrivo seduto al mio tavolo dell’ambulatorio. La penso sempre molto. Mi vergogno di non riuscire mai a scriverle. Ma sono schiacciato dal lavoro e mi trascino nella fatica. Ho preso sulle mie spalle un pesante fardello impegnandomi nella lotta contro le armi atomiche. Come ci sono arrivato? Ero amico di Albert Einstein, e sono stato profondamente impressionato dalla sua angoscia per l’avvenire dell’umanità, dominato dal pericolo atomico, che lui stesso aveva involontariamente aiutato a creare con le sue scoperte scientifiche…. (Albert Schweitzer, 29 giugno 1958) Amicizia, preghiera, fedeltà per sempre. (Ultimo messaggio di Sorella Maria, 14 gennaio 1961) Info: Fraternità di Romena – Onlus – Via Romena, 1 – 52015 Pratovecchio (Arezzo) – Tel/Fax 0575.582060 – www.romena.it – mail@romena.it – C.F. 920402005

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