Il film sull’altare
C'è qualcosa di altamente incongruo nei fatti di Saint-Etienne-du-Rouvray. Mille e uno sono i commenti sui fatti normanni, e ce n'è ben ragione, ma pochi hanno stigmatizzato un dettaglio, un elemento apparentemente secondario: mi sembra in effetti inconcepibile che Adel e Abdel si filmassero mentre sgozzavano il mite padre Jacques.
Una schizofrenia comportamentale ricca di significati. In fondo – pur nella diversa proporzione dei fatti – li ha guidati la stessa logica dei ragazzini che picchiano un disabile per postare poi il video su YouTube, degli undici camorristi-baby che violentano una 15enne con lo stesso scopo, dei tifosi di ciclismo che per farsi un selfie da brivido mettono a repentaglio l'incolumità dei campioni, di quello studente yankee che prima di far strage di coetanei ostenta sulla Rete i suoi muscoli armati, di quel politico che va alle riunioni civili solo per farsi vedere in pubblico e passare in tv e non gliene importa un fico secco di quello che si sta facendo.
È il trionfo delle profezie di McLuhan e Debord, coloro che ancora negli anni Sessanta avevano immaginato una società tutta-visibilità, una società dello spettacolo, una società che perde ogni prospettiva storica, e quindi ogni profondità di pensiero, appiattendosi su un presente di visibilità effimera. Solo che per riuscire a catturare l'attenzione di quel pubblico magmatico che gira sulla Rete, tocca essere sempre più eccentrici, più violenti, più orribilmente disumani. È quel che sta accadendo. Solo una mente malata può filmare il prete sgozzato o inventare uno slalom micidiale come quello del camion sulla Promenade Des Anglais.
Se poi si aggiunge che la Rete è potenzialmente uno dei luoghi di maggiore solitudine esistenziale, ecco che appare evidente come le menti comunicative del Daesh siano riuscite a intercettare lo strumento di destabilizzazione sociale più efficace che oggidì esista, perché cattura i più deboli illudendoli di essere qualcuno, di essere forti e invincibili. Togliendo dal loro orizzonte di vita il principio di realtà. Rendendoli disponibili agli atti più efferati.
Con tutto ciò la fede non ha nulla a che vedere. È macelleria comunicativa.