Il film sui The Four Season

Clint Eastwood dirige “Jersey Boys”, la storia del gruppo musicale anni 60, icona del rock. In programmazione anche il geniale “Synecdoche, New York”, con il grande attore Philip Seymour Hoffman, da poco deceduto, e “Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente”, metafora tragi-comica del conflitto israelo-palestinese
Locandina del film

Jersey Boys

Chi si sarebbe aspettato che il vecchio Clint Eastwood, 84 anni, si dedicasse a raccontare in una sorta di film-musical l’avventura di quattro ragazzi della provincia americana diventati una icona del rock negli anni Sessanta? Ma Clint è un duro che ama le sorprese. Ed ecco la storia dei The Four Seasons, tormenti, successi e cadute del gruppo, accompagnati da canzoni di successo che ammaliarono una intera generazione.

La regia al solito è perfetta, ogni particolare curatissimo e i caratteri dei personaggi scolpiti con quella incisività e sobrietà tipiche del regista. Piacerà a chi ama questa musica – gli attori sono bravissimi -, avvolti in una specie di magia nostalgica, con un sottile velo di ironia che traspare qua e là, perché Clint non rinuncia mai a dire la sua, anche quando parla del passato, e di un passato che gli piaceva, verosimilmente, ma di cui sa cogliere ingenuità, ridicolaggini, cattiverie e sogni.

 

Synecdoche, New York

Philip Seymour Hoffman è stato un grande attore, purtroppo morto da pochi mesi a soli 48 anni. E lo si vede in questo film complesso, fin troppo parlato e a tratti poco chiaro, dove la morte è di fatto la protagonista assoluta, come timore, presenza, ricordo.

Il regista teatrale Caden Cotard è in piena crisi: sta male, con diverse malattie, la moglie lo pianta, con la figlia non funziona. In un teatro della città mette in scena di fatto la sua vita, si sdoppia fra finzione e realtà, in un tempo-non-tempo, ma la felicità non arriva. Amaro, ma mai banale, il film diretto da Charlie Kaufman ben sei anni fa e uscito solo adesso, a ridosso della fine dell’attore, è ricco di introspezioni, di indagini, che però talora son fumose e opprimono la narrazione. Ma è un film da non perdere perché alcune intuizioni sono profonde e soprattutto giganteggia l’attore, icona del travaglio umano suo e del nostro tempo.

 

Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente

La storiella del pescatore palestinese che trova un maiale – carne “impura” -, che si destreggia per sbarazzarsene, piena di situazioni buffe e risibili, è una metafora in realtà del conflitto israelo-palestinese, risolta una volta tanto in forme di sulfurea comicità e una tinta amarognola di fondo.

Per divertirsi un po’ alle spalle di chi non vuol fare la pace e costringe la gente a capriole esistenziali, il film è un’occasione scintillante. Anche per pensare un po’. Diretto da Sylvain Estibal con un bel cast.

 

Ancora sullo schermo

La commediola inutile con Cameron Diaz e compagne in Tutte contro lui, cioè il maschio seduttore e ingannatore, discorso che ha fatto il suo tempo; Ragazze a mano armata di Fabio Segatori, storia di tre ragazze messinesi intrigate in una specie di giallo; La pioggia che non cade di Marco Calvise, racconto di una band folk romana tuttora esistente; Gebo e l’ombra, ultimo lavoro del vecchissimo De Oliveira, se si può, da non perdere.

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