Il festival è partito

La rassegna romana di quest'anno si apre all'insegna dell'internazionalità. A stupire soprattutto la sezione dedicata ai giovani
festival cinema roma

Festival e non più festa. Roma cerca di schiodarsi dalla fama strapaesana della rassegna. Aperto da un Luc Besson da produzione internazionale e da uno Spielberg – Le avventure di Tintin, già in sala – perfetto e un poco glaciale (Indiana Jones è un lontano ricordo…)-, ha visto in concorso due opere italiane: Il mio domani di Marina Spada e Il paese delle spose infelici di Pippo Mezzapesa. Se il primo ha lasciato parte della critica sullo scontento per la negritudine spirituale della storia e la sua realizzazione, il secondo disegna una storia scabra e nervosa di dolore nel Tarantino, che piace per la sua asciuttezza. Diciamo che il festival è ancora in cerca della sua anima, anche se gli eventi non mancano: dalle mostre fotografiche su Monica Vitti, Pasolini e i 150 anni cinematografici dell’Unità italiana, alla presentazione di libri, agli incontri-duetti fra attori e registi- come quello di Scamarcio -Rubini-, o a quello assai sponsorizzato con Wim Wenders stasera.

 

Ieri, un altro film italiano, ma fuori concorso. Si tratta di L’industriale di Giuliano Montaldo, grande vecchio del nostro cinema,con un intelligente Pierfrancesco Favino ed una brava Carolina Crescentini ad interpretare una vicenda tutta nostrana sul fallimento umano ed economico di un industriale torinese. Un po’ racconto psicologico, un po’ denuncia sociale, il film, in un bianco-e-nero sporco, racconta bene, senza troppo commuovere . Meno male però che si ride, con il prodotto franco-belga Mon pire cauchemar di Anne Fontaine, dove Isabelle Huppert, nei panni di una gallerista altera ed antipatica, vive con sprazzi un po’ sopra le righe l’incontro-scontro con un tipo fuori fase. Non sempre i franco-belgi sono fedeli al loro celebre equilibrio…

 

Stupisce ancora una volta, come negli anni scorsi, la sezione più bella, dedicata ai giovani e giovanissimi “Alice nella città”. Il film David di Joel Fendelman racconta con gli occhi dell’infanzia l’amicizia tra due ragazzini americani: uno ebreo, l’altro palestinese. Lo sguardo dei piccoli è sempre prezioso, anche per un festival.

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