Il festival di Roma gira verso il gran finale

Tra le opere presentate spicca "The motel life", opera prima di Gabriel e Alan Polsky e, per le polemiche suscitate, il nostro "E la chiamano estate" di Paolo Franchi. In attesa della chiusura di domani
Cast del film "E la chiamano estate" di Paolo Frranchi

Non è bastato il rientro trionfale di Stallone all’anteprima mondiale del suo ultimo film, dove ricicla sé stesso a 66 anni, con un pizzico di autoironia e molto sangue, promettendo altre avventure.

Altri film, come il prolisso (due ore e 20′!!) francese Un enfant de toi, storia di una coppia che si lascia e si riprende sotto lo sguardo della loro bambina, un po’ saccente, sono così mentali che rischiano di far esaurire lo spettatore.

Difficile tacere, a causa del baccano mediatico, sul nostro E la chiamano estate di Paolo Franchi. Il quale fa bene a difendere la sua creatura, ma giornalisti e parecchi spettatori non hanno apprezzato una storia di insoddisfazione sessuale che ricerca sé stessa nei modi e luoghi più disinibiti, con ripetitività, un’intellettualismo di fondo che rischia di essere ben poco comunicativo e una pesantezza di scene forse non necessaria.

Per fortuna, sì è vista un’opera prima di Gabriel e Alan Polsky The motel life, un vero esordio autoriale per una storia di amore fraterno, oltre l’orfanezza, il dolore e la rabbia. Tratteggiata con una sincerità commovente da attori come Emile Hirsch e Dakota Fanning è un racconto di formazione alla libertà e alla fiducia, alla speranza che fa tanto bene in quest’epoca e che nel film non risulta retorica ma qualcosa di autentico. Speriamo esca in sala, perché ne vale la pena.

Ed ora aspettiamo domani, la finale del primo festival targato Marco Müller.

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