Il fenomeno Lula

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Non ci si aspettava questo risultato in un’elezione così controversa come quella di quest’anno in Brasile: Lula ha vinto con una differenza di oltre 20 milioni di voti rispetto al suo concorrente Geraldo Alckmin. Ha riscosso il 60,8 per cento dei suffragi degli elettori brasiliani ed è arrivato al secondo mandato con l’imponente risultato di 58 milioni di voti, quasi 5,5 milioni più di quanti ne aveva ottenuti nel suo primo mandato. Dopo quattro anni di governo, in cui è stato bombardato dall’opposizione e dai grandi media da denunce di corruzione e ha visto cadere importanti ministri, Lula ritorna al potere più forte di prima. Un fenomeno che ha avuto quale principali attori gli strati più poveri della società, che continuano ad identificarsi con la storia del presidente-metallurgico. Cosa c’è dietro ad un’elezione così sorprendente? Visto che il maggior numero degli elettori di Lula sono quelli delle regioni Nord e Nordest – la parte più povera del Brasile -, è logica la tendenza a legare la vittoria di Lula alla povertà e alla conseguente difficoltà di accedere all’educazione e all’informazione della popolazione di quelle contrade, come hanno suggerito molti analisti politici. Le due regioni comprendono complessivamente il 60 per cento degli elettori del Paese e sono state quelle più beneficiate dal Bolsa Família, borsa-famiglia, il principale programma sociale dell’attuale governo. Una veduta parziale Ma affermare che Lula ha avuto l’appoggio degli strati più poveri della popolazione solo a causa dei programmi sociali significa non stare attenti ai numeri. Nella regione più ricca della nazione, il Sudest, Lula ha in effetti ricevuto 24 milioni di voti, ossia il 40 per cento del totale, con enorme vantaggio su Alckmin a Rio de Janeiro e a Minas Gerais. Da una indagine non ancora pubblicata, fatta dall’analista politica Lúcia Avelar, direttrice dell’Istituto di scienze politiche dell’università di Brasilia, risulta che i programmi di trasferimento di reddito hanno fatto perdere alle oligarchie regionali di destra un canale di collegamento con gli elettori. In altre parole, gli strati più poveri della popolazione cominciano a scrollarsi di dosso la dipendenza dal clientelismo dei tradizionali gruppi politici e a guardare ai programmi sociali come a un loro diritto più che non a un favore dello Stato. Secondo alcuni studiosi, con l’ascensione al potere di qualcuno che è un simbolo del dramma e delle lotte affrontate ogni giorno dai più poveri, le popolazioni meno abbienti si sentono più protagoniste, riscoprono la propria dignità di cittadini e la loro importanza nella definizione delle priorità dello Stato. Lo storiografo Luiz Felipe de Alencastro esprime la stessa opi- nione in un’intervista al giornale Folha de São Paulo. Analizzando l’elezione di Lula, scrive: La novità storica di questa elezione è la vittoria della periferia sociale sul centro. Nonostante gli scandali, il nucleo degli elettori di Lula, formato dai lavoratori, dai neri e dagli strati più poveri non è rimasto turbato. Grande appoggio, grandi sfide Senz’altro Lula inizia con un governo più forte, grazie all’appoggio della maggioranza della popolazione. Ma questo voto di fiducia, assegnatogli proprio perché egli rappresenta la speranza di inclusione degli strati più poveri nelle priorità dello Stato, è anche la principale sfida del suo prossimo governo. Egli dovrà in effetti creare le condizioni per ottenere una ancora migliore distribuzione del reddito. Nell’indagine dell’Istituto Vox Populi sulla priorità del governo, il 45 per cento degli intervistati ha risposto: la creazione di posti di lavoro. E la pressione per l’incremento dell’occupazione è più forte proprio nel Nordest, dove Lula è stato più votato. La politica economica durante il primo mandato di Lula ha perseguito, in modo quasi ossessivo, il controllo dell’inflazione e il mantenimento del livello degli interessi per il debito del governo, giungendo così ad una crescita del Pil inferiore a quanto ci si aspettasse. Anche per quanto riguarda la crescita e la creazione di posti di lavoro, i risultati di questa politica sono stati in fondo mediocri. Ne consegue che il nuovo governo comincia con la grande sfida di ridurre il tasso d’interesse e di instaurare le riforme di cui l’economia abbisogna per poter crescere. L’ampliamento delle politiche sociali in vista di una minore disuguaglianza sociale potrà avvenire solo con un alto tas- so di crescita, aumento degli investimenti pubblici e migliore distribuzione della ricchezza. Un’altra sfida che Lula dovrà affrontare è la costituzione di una base solida di sostentamento, cosa non facile, soprattutto nel Senato dove l’opposizione avrà la maggioranza e promette di inasprire il dibattito col governo. Uno dei problemi più gravi del primo mandato di Lula è consistito nelle alleanze fatte comperando l’appoggio di partiti che non avevano alcun interesse per i progetti sostenuti dal suo governo. Il presidente avrà bisogno di una base solida soprattutto per approvare le sue riforme politiche, la cui necessità e urgenza è stata ampiamente presentata nelle lunghe discussioni avvenute sulla corruzione nella politica brasiliana. In questo caso il governo farà i conti con grandi difficoltà, perché sono riforme che toccano direttamente gli interessi dei parlamentari e dei loro partiti. Inoltre, il nuovo governo di Lula dovrà cercare ancora di approvare l’importante riforma tributaria e quella della previdenza. Non a caso, sin dalla prima fase di queste elezioni, il presidente parla della necessità di un dialogo tra il governo e le diverse forze politiche rappresentate nel Parlamento. Un’altra sfida per il secondo governo di Lula sarà la lotta contro la corruzione. Anche se per la maggioranza degli elettori gli scandali avvenuti nel suo governo non hanno scalfito la sua integrità, la gente ora sta molto più attenta a ciò che il presidente farà per rimuovere questa macchia dal suo governo. Tanto più che il secondo mandato inizia sotto il segno del sospetto, a causa dello scandalo per il tentativo di corruzione da parte di membri del partito di Lula, per appropriarsi di un dossier contro Alckmin. I media contro Lula Per lo storiografo Luiz Felipe de Alencastro, la vittoria della periferia sociale contro il centro è anche una vittoria contro i grandi media, che non hanno risparmiato sforzi per infangare la figura di Lula. Una strategia che è stata denunciata addirittura dagli stessi media. La rivista settimanale Carta Capital ha dimostrato con diversi articoli l’esistenza di un piano dei principali mezzi di comunicazione per mettere a repentaglio l’elezione di Lula, con la divulgazione di foto dei plichi di soldi – circa 650 mila euro – confiscati dalla polizia federale, di cui alcuni membri del suo partito si sarebbero serviti per comperare il dossier esistente contro il candidato avversario di Lula. Il giornalista Luis Nassif ha definito suicidio dei media la divulgazione di tutto ciò nell’ultimo periodo della campagna elettorale. In un’intervista per un sito di analisi politica egli ha sostenuto che, adottando un pensiero anti-Lula, i media hanno scelto una rotta suicida. Si è creato un clima molto pesante di persecuzioni e i columnist, in modo quasi unanime, sono stati al gioco. È così finita l’epoca delle posizioni relativamente diversificate esistenti nei giornali tramite i suoi editorialisti.Vi sono giornalisti, magari con 40 anni di carriera alle spalle, che hanno scritto 365 articoli, uno al giorno, sullo stesso argomento, chiedendo la testa di Lula. E spiega: Con la loro manovra i media hanno favorito il presidente della Repubblica in una vittoria più clamorosa di quella prevista dai sondaggi. E la rielezione rappresenta in fondo un fallimento del giornalismo alimentato dall’odio di classe.

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