Il fattore F

Una cosa è certa. Che la rafforzata unità e l’accresciuta collaborazione tra i movimenti e le comunità ecclesiali della cristianità europea manifestate a Stoccarda non costituiscono il presupposto per la nascita di un fronte contro qualche nemico. L’appuntamento tedesco non è stato una robettuola da controaltare. Persone aduse a misurare le parole ne hanno messo in rilievo la portata. Hanno parlato di pietra miliare (card. Kasper), di un sogno che si sta già realizzando (vescovo evangelico Krause), di ora stellare (pastore Aschoff). Ma questo summit europeo non ha affatto dimenticato o, peggio, rimosso il complesso e controverso contesto continentale, che rende difficile la costruzione di una società ispirata ai valori universali del Vangelo. Non c’era, infatti, alcuna intenzione di creare un’artificiale isola felice fuori dal mondo. Tutto era presente. Anche la dimenticanza di certi fautori della nuova Europa. E l’evangelico Ulrich Parzany l’ha stigmatizzato con chiarezza: Deploro il fatto che Dio non abbia trovato posto neanche nel preambolo della Costituzione europea e che, al suo posto, sia stato elevato a unità di misura il valore della ragione. Il rapporto con le istituzioni, e con quelle europee in particolare, è stato argomento di riflessione. Quello di Stoccarda – ha specificato Prodi – è un incontro tra un’Europa delle istituzioni e un’Europa dei movimenti spirituali. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Confessa senza esitazioni che noi delle istituzioni non riusciamo da soli a dare un’anima all’Europa. Questa deve essere portata e vissuta dalle nuove generazioni. Occorrono i giovani appassionati incontrati qui. E adesso? Adesso parte un lungo e difficile cammino quotidiano – avverte con realismo il presidente della Commissione europea – per far sì che i popoli europei procedano mano nella mano. È un processo che richiede generazioni, ma è importante che cominci con l’entusiasmo di questo incontro. Stoccarda era un sogno impossibile che si è realizzato. Gli ideatori hanno assistito all’accelerazione impressa dallo spirito per giungere all’obiettivo in tempi davvero brevi. Scrutare il futuro, perciò, è un irresistibile invito, perché sono tante le indicazioni emerse in quest’assise che non ha precedenti nella storia. Andrea Riccardi ha ravvisato alcune priorità: Africa (Sul sud del mondo saremo giudicati. E l’Africa è il primo continente che l’Europa incontra ), pace (I nostri cuori vogliono che l’Europa parli di pace al mondo) e rapporto con l’islam europeo (Un’identità cristiana radicata e matura deve prendere coscienza di come vivere in Europa con i musulmani; per noi il metodo è quello del dialogo in una civiltà del convivere nel rispetto reciproco). Chiara Lubich ha sottolineato che i tempi attuali domandano ai discepoli di Gesù di acquistare una coscienza sociale del cristianesimo. Si tratta perciò di tradurre in vita da subito l’idea-forza della fratellanza universale attraverso l’arte di amare . Da qui, l’invito a fare dell’Europa una famiglia di nazioni, la casa comune europea. Ma nessun fortilizio. Un’Europa coesa è solo una tappa intermedia per la costruzione di un mondo unito. Ha invitato perciò tutti ad essere pienamente cittadini, mentre un appello particolare l’ha rivolto ai politici, spingendoli a riscoprire che la politica è relazione, è progetto comune e che l’umanità non è un insieme di popoli, ma un solo popolo arricchito dalla diversità di ognuno. Ma come contribuire subito alla nuova Europa? Non si tratta di aspettare il prossimo incontro – evidenzia Helmut Nicklas -. Tutto incomincia domani, sul posto di lavoro, portando lì l’esperienza di Stoccarda, cioè l’impegno ad ascoltarsi e a mettere in pratica l’arte di farsi uno con l’altro. Quello di cui ha più bisogno l’Europa è l’incontro dei cuori. Stefan Vesper, segretario generale del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, è rimasto colpito dalla logica che ha segnato il cammino verso Stoccarda: Dagli interventi si ricavava l’invito a non guardare solo alle differenze ma a ciò che unisce. Puntiamo ad Est, propone Salvatore Martinez, del Rinnovamento nello Spirito italiano. L’incontro di Stoccarda ha significato che Roma, la cattolicità, si è mossa verso la Germania, una terra che attendeva un segno forte di riconciliazione tra le chiese. Ora, c’è da rivolgere lo sguardo al mondo ortodosso e manifestare un segno di umiltà da parte di noi cattolici, magari in una piazza con un grande valore simbolico. Per non dimenticare quanto vissuto, il vescovo luterano della Baviera, Johannes Friedrich si augura tre cose: Una più intensa collaborazione tra le comunità a livello locale; nuovi impulsi per l’ecumenismo delle chiese; lo sviluppo, attraverso la spinta dei movimenti, ad un impegno delle nostre chiese per un’Europa cristiana. Un’altra pista – e anch’essa complementare alle altre – sta a cuore alla signora Frances Ruppert. Non so dire quali saranno i prossimi passi da compiere. Vedo però che il rapporto ancora più stretto tra movimenti e gerarchia è un dono inaspettato e perciò è una strada che lo Spirito Santo ci indica. Non possiamo programmare il futuro – dichiara Friedrich Aschoff -, lo sparito è scritto in cielo. Dobbiamo ascoltare ciò che Dio ci dice e poi realizzarlo. È questo un modo carismatico di procedere. E aggiunge: Nessuna strategia, ma apertura gli uni verso gli altri, incominciando forse a costruire l’Europa facendo rivivere, noi cristiani, l’antica ospitalità. In fatto di ecumenismo, tutti confidano nel fatto che Stoccarda segni un punto di non-ritorno. In un momento in cui l’ecumenismo segna il passo – ricorda il card. Kasper -, c’è bisogno della forza dello spirito di questi movimenti. La spiritualità, la preghiera e la Bibbia sono il cuore dell’ecumenismo. Non è una faccenda diplomatica. Quanto questo sia vero, lo hanno dimostrato i rappresentanti dei movimenti ortodossi, che hanno trovato gruppi e comunità di altre chiese che, come loro, rifiutano la secolarizzazione, il consumismo e la superficialità dell’Occidente. Questa consonanza darà loro coraggio nel rapporto con l’Europa ad ogni livello. Ne è convinto il metropolita ortodosso Augoustinos Labardakis, venuto a rappresentare il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I: Solo un ecumenismo spirituale come abbiamo vissuto qui è in grado di avvicinarci. Siamo veramente grati ai movimenti e alle comunità . Mette in luce un elemento importante, il ruolo dei laici: La gente è stanca, non può stare sempre ad aspettare una futura unità delle chiese. Questo raduno, all’insegna della comunione tra tutti, ha dato anche ai vescovi il coraggio di impegnarsi di più nelle proprie diocesi. È chiaro che le distanze teologiche tra le varie chiese non si sono, di colpo, annullate. Rimangono. Ma è sorto qualcosa di nuovo. Lo spirito di Stoccarda darà al dialogo teologico un’altra direzione – afferma sicuro Aschoff -. Senz’altro lo accelererà, e farà vedere che lo Spirito Santo ha già creato legami, costruito ponti. Adesso basta attraversarli. E manifesta una speranza: Che Dio ci chiuda tutte le uscite d’emergenza e ci apra i ponti. Ponti in tutte le direzioni, fa presente Gerhard Pross: Abbiamo visto svilupparsi i legami tra i movimenti e tra questi e la gerarchia dentro le singole chiese, e poi tra le chiese. Sono scomparsi i timori e i pregiudizi. Abbiamo scoperto la ricchezza degli altri e gioito dei loro doni. In tutti noi hanno preso dimora un diverso atteggiamento e un nuovo modo di pensare. Sembra quasi che a Stoccarda sia stata trovata una sorta di pietra filosofale, un elemento determinante, il fattore F. La componente decisiva nell’ecumenismo è la fiducia – rileva Helmut Nicklas -. Ci siamo conosciuti così bene che ora possiamo fidarci gli uni degli altri. Il programma dell’incontro è poggiato su un grande senso di fiducia reciproca . È l’ora della fiducia, conferma, ma mette subito in guardia: Bisogna trattarla con grandissima attenzione, è molto facile deluderci. Questa creatura nuova nata tra noi va nutrita, accarezzata, amata, e allora crescerà e diventerà forte. Ecco, forse, il più immediato obiettivo del dopo Stoccarda.

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