Il fasciocomunista

Antonio Pennacchi è noto per i temi sociali che fanno da sfondo ai suoi libri, per la sua scrittura magmatica e ricca di tensione emotiva, per i personaggi istintivi e picareschi delle sue storie, in bilico tra l’essere e il dovere essere. Il suo primo romanzo Mammut, dopo essere stato rifiutato da 33 editori, apparve nel 1994 per Donzelli e fu una rivelazione. Con lo stesso editore ha poi pubblicato Palude e Una nuvola rossa. Con questo suo quarto libro Il fasciocomunista: vita scriteriata di Accio Benassi, edito dalla Mondatori, ha conquistando i comitati di lettura del Premio Napoli che gli hanno attribuito il premio per il 2003. Il romanzo, ambientato a Latina, città dove l’autore vive, racconta di un ragazzo di 12 anni appena uscito dal seminario, chiamato in modo dispregiativo solo Accio. L’intera vicenda si sviluppa nell’arco di nove anni, dal 1962 al 1969. Sono anni convulsi per la società italiana che entrava impreparata nell’esplosione del boom economico, nel mentre nelle piazze si consumava lo scontro totale e violento tra la “destra” nostalgica fascista e l’estrema opposizione marxista. Accio, che proviene da una famiglia di sette figli, abbandonando il seminario, sperava di essere bene accolto in casa, ma purtroppo deve rendersi conto che la sua presenza è tollerata più che amata: di qui la sua reazione e l’affiorare di un carattere sempre più spigoloso e temerario. Deluso anche dalla scuola che non riesce a comprendere le sue difficoltà, trova spazio nelle scorribande fasciste di quegli anni, diventando qualche anno dopo il segretario giovanile della sezione del Msi di Latina. È l’inizio di un processo evolutivo rischioso, che farà di lui un leader giovanile giovanile della “destra”, ma che lo porterà ad azioni sempre più al limite ed infine ad essere brutalmente espulso dal partito. Nel ritrovato rapporto con il fratello maggiore Manrico, idolo della famiglia, che lotta sul versante comunista, Accio intravede la possibilità di voltare pagina. È il momento più delicato e importante della storia e Pennacchi, con abilità e sapienza, riesce a darci il senso profondo della trasformazione interiore che porterà Accio dal fascismo al furore maoista. Pennacchi parla di “vita scriteriata “, quasi a voler indicare una chiave di lettura dell’esperienza dell’inquieto protagonista, il quale per superare la sua emarginazione psicologica, la sua frustrazione affettiva, se da una parte si apre alla scoperta del sesso attraverso varie esperienze, dall’altra si proietta in un impegno politico dominato solo dall’istinto e dal pulsare del suo sangue giovane. Dal racconto emerge la drammatica vicenda italiana di anni contrassegnati da morti e stragi, la fragilità della giovane democrazia, la violenza estrema di ideologie che teorizzavano lo scontro armato: il tutto guardato dal punto di vista di questo adolescente nella cui mente c’è la convinzione che anche le bombe di Milano, la defenestrazione di Pinelli e tanti altri eccidi non sono altro che la risposta dello Stato alla situazione di confusione e di smarrimento per un consolidamento dello status quo. Forse nuoce al romanzo la sovrabbondante descrizione di azioni e di personaggi storici, anche se è innegabile il merito del libro, che riesce, attraverso le coinvolgenti esperienze del protagonista, a farci entrare pienamente nel dramma storico e politico vissuto dalla nostra giovane democrazia. A lettura conclusa è forte la sensazione che Accio non sia altro che l’autore stesso, che ha voluto con questa narrazione rimuovere quel macigno di avvenimenti e persone che continuava a pesargli nell’animo.

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