Il fascino dell’antico non termina mai
Sesso, sangue, storia e soldi. Quattro “esse” dicono molto, se non tutto, sulle prime dieci puntate che il regista di kolossal Roland Emmerich ha girato con un cast formidabile: Anthony Hopkins (86 anni!) nei panni dell’imperatore Vespasiano e poi i figli Tito e il perverso Domiziano, uno stuolo di primedonne – c’è anche l’italiana Gabriella Pession, una patrizia che ama le corse – e schiere di comparse e di stuntman. Ci vogliono, perché siamo nella Roma del 79 d.C. dove la plebe ama i gladiatori, le corse di cavalli, tra il Circo Massimo e il Colosseo (ricostruiti digitalmente in modo si direbbe perfetto). Le gare per le corse suscitano una passione folle tra la gente e tra i ricchi patrizi che fanno il tifo per le quattro squadre principali, ma al di sotto non mancano traffici loschi guidati da gente infida.
C’è di tutto: i cavalli spagnoli e le belve africane, la politica crudele che ammazza i congiurati nel Colosseo, le prostitute e i soldati, l’imperatore malato e gli assassini in famiglia, Tito il soldato e Domiziano il fratello pazzo, il Vesuvio in eruzione a Pompei. Il film spettacolare al grado massimo vuole attualizzare il mondo antico immergendolo nelle gare sportive di oggi con il loro contorno di pubblicità, di affari e di idoli sportivi, ricordando una Roma alla “Americana” corrotta e corruttrice.
La storia vera è altra cosa, certamente; ma lo spettacolo funziona, tra alti e bassi, dialoghi che sembrano slogan, scene violente e realistiche come mai prima. Ben Hur o Quo Vadis sono lontani anni luce. C’è il mondo degli immigrati – la famiglia dalla Numidia il cui figlio diventa un gladiatore-star -, gli schiavi, i ragazzini della malavita, la religione ufficiale, vuota: insomma, un’occhiata all’Occidente attuale. Insieme, effetti speciali grandiosi, costumi perfetti, attori impeccabili, movimento, tanto. Tutto è rapido, veloce. Siamo ad Hollywood che macina passato e presente con indubbia facilità. Ma non felicità: tanta forma, poco contenuto. Per gli appassionati, stile la serie “Domina”, sugli anni di Augusto, un po’ prima. E con un personaggio ingombrante: la morte che corre sul filo ogni istante. Che si vuole esorcizzare, parlandone di continuo in un virtuosismo spettacolare neo-barocco.