Il dramma degli eritrei
600 profughi ammassati nel deserto del Sinai. Sono immigrati respinti da tutto il mondo e finiti nella mani dei predoni che li ricattano
«Siamo incatenati, in condizioni gravissime, da tre giorni non mangiamo. Venite a salvarci!»
È il drammatico appello lanciato in diretta su Radio Vaticana da uno dei 250 profughi eritrei nella mani da più di un mese dei predoni del deserto del Sinai, al confine tra Egitto e Israele. «Siamo in una situazione terribile e rischiamo la vita – ha proseguito il profugo –. Nove di noi sono stati picchiati selvaggiamente e ora sono feriti. Altri hanno malori per la fame o per l’acqua salata che ci danno da bere».
80 di loro sono partiti dalla Libia per cercare di raggiungere Israele: hanno pagato 2 mila dollari, ma sono stati ingannati e sequestrati. Sono partiti dalla Libia dopo che la rotta per l’Italia era risultata impraticabile. Ora gli eritrei tenuti prigionieri nel deserto sono 250. Si arriva a quota 600 con i profughi provenienti dal Sudan e dal Corno d’Africa.
Tra i 250 eritrei non si può escludere ci siano molti già respinti dall’Italia e rifugiatosi in Libia con un permesso di soggiorno temporaneo ora scaduto. Per questo lasciano la Libia e tentano la via di fuga verso Israele. Il caso è venuto alla luce perché sono proprio i predoni che permettono agli eritrei di chiamare i loro parenti in Europa a fine di riscatto.
Dei 2 mila dollari iniziali richiesti per la fuga, siamo arrivati fino a 8 mila dollari a testa per la loro liberazione. Chi non ha i soldi può pagare con l’espianto di un rene. Pagamento in natura. Ciò dimostra che c’è dietro una solida organizzazione criminale e che il rapimento degli eritrei è pianificato.
Le modalità di pagamento avviene attraverso agenzie di money transfer o attraverso mediatori dell’organizzazione presenti al Cairo o in alcune città europee.
«Il traffico sta diventando sempre più spietato – ha dichiarato Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur – non solo ci sono bande di criminali che si arricchiscono con i viaggi, ma ormai c’è un’organizzazione strutturata». E, il Sinai, luogo sacro per le tre grandi religioni monoteistiche, dove Mosè ha ricevuto i dieci comandamenti, si è trasformato in un campo di concentramento per la tratta di esseri umani.
Il tutto accade nella quasi assoluta indifferenza dei leader europei, dei mass media e del governo italiano. «Che il nostro governo – scriveva Marco Tarquinio mercoledì su Avvenire – apra gli occhi. Veda e s’impegni per fermare la mattanza, respinga l’ingiustizia». Negli ultimi giorni si ha notizia di almeno 6 morti. Uccisi a tre a tre.
«Sono riuscito a parlare direttamente con loro – racconta – don Mosè Zerai –, direttore dell’agenzia Habescia. Sono nel deserto da un mese, non mangiano da tre giorni, bevono acqua salata. Ci sono donne incinte». «E i rapitori – aggiunge – hanno minacciato di ucciderli tutti se non pagheranno il riscatto».
Intanto qualcosa si muove e dopo l’appello per gli eritrei delle senatrici Baio e Garavaglia, don Mosè Zerai ha incontrato Furio Colombo e Margherita Boniver, membri della Commissione esteri per fare pressioni sul governo italiano ed egiziano. Bisogna far presto.