Il dolore composto del Giappone
Il paese cerca di tornare alla normalità, nonostante l’allarme nucleare, le interruzioni di corrente elettrica e il cibo scarso. Tra la gente c’è maggiore solidarietà
Il giorno dello tsunami la corrente elettrica è saltata e per i trasporti è stato totale blackout. Alcuni giapponesi hanno camminato a piedi sei ore per tornare a casa. I treni sono il principale mezzo di spostamento e ogni giorno sono letteralmente presi d’assalto per poter essere puntuali al lavoro.
Oggi, secondo giorno di ritorno alla normalità, si aspetta pazientemente anche due o tre ore prima di prendere il convoglio giusto. I treni sono ridotti poiché le centrali nucleari del nord fornivano notevoli quantità di energia: ora che la fornitura elettrica è ridotta, lo sono anche le corse. «Ma la gente è paziente ─ mi spiega Renata, che abbiamo raggiunto telefonicamente a Tokio ─.Si parla con compostezza. Tra tutti è come se regnasse un senso di rispetto sacro». Tutto il resto del paese non toccato dal terremoto e dall’onda assassina cerca di riprendere i ritmi della quotidianità e anche Tokio prova a ritornare capitale efficiente. Certo che anche qui i grattacieli hanno tremato violentemente e tanti sono usciti in strada impauriti, nonostante i corsi di preparazione agli eventi sismici, che tutta la popolazione periodicamente svolge.
Il dolore c’è ed è grande, ma non è gridato, è composto, paziente. «Fin da piccoli ci insegnano il valore delle regole pubbliche e a mantenere l’ordine anche in situazioni difficili. Siamo formati così e per questo riusciamo ad essere sereni» mi spiega al telefono Austin, uno dei membri della comunità dei Focolari che fortunatamente non ha avuto alcune vittime. Non si avevano notizie di una coppia residente al Nord ma stamani la mail di una vicina di casa ha rassicurato sulle condizioni di tutti: stanno bene ma non riescono a mettersi in contatto.
«La gente è tanto solidale, attenta, disposta anche a sopportare le scomodità. Non abbiamo visto niente di simile – conferma Renata -. Certo il cambiamento nel Paese è stato repentino: massimo del confort, massimo della modernità e ora invece dover fare i conti con i disagi dei trasporti, il cibo che scarseggia, non è decisamente usuale. Eppure tutti mantengono la calma». Scarseggiano le forniture d’acqua e di riso, per i problemi dei trasporti, ma nei supermercati non c’è ressa. I quartieri a turno rimangono per due ore senza corrente elettrica, ma tutti si sono organizzati e non ci sono proteste.
Intanto la tv pubblica annuncia che il cambio della direzione del vento potrebbe portare con sé residui radioattivi e quindi consiglia di limitare le uscite e tenere le finestre chiuse. Gli annunci alla popolazione sono costanti e aiutano a mantenere l’ordine e la fiducia. «Sulla situazione delle centrali nucleari le informazioni sono alquanto confuse, ma sappiamo con certezza che le aree nell’arco di 30km dai siti nucleari sono state sgomberate», conferma Renata.
Nelle zone colpite dal terremoto continua il lavoro delle squadre di soccorso del governo, mentre ancora nessuna organizzazione privata è stata ammessa, poiché non si riesce proprio ad arrivare. Attestati di solidarietà intanto arrivano da tutto il mondo, come la richiesta di inviare aiuti.
«Da cristiani sentiamo che Dio non ci ha abbandonati, dietro tutto questo ci deve essere un suo disegno – confida fiduciosa Renata ─ noi viviamo con serenità ogni momento, mentre cerchiamo di capire come renderci utili e sollevare concretamente il nostro popolo».