Il divo

Il divo, scritto e diretto da un sempre più sorprendente Paolo Sorrentino, è, forse, l’unico film che era possibile fare sulla parabola politica e umana di Giulio Andreotti. Un personaggio del quale si è detto e scritto, nel bene e nel male, tutto e il contrario di tutto. Da questo magma mediatico, storico, giudiziario, criminale e politico su cui galleggia una parte importante degli ultimi sessant’anni di storia italiana, misteri compresi, Sorrentino distilla un film sul potere, lontano da ogni retorica e tentazione di manicheismo. Andreotti è stato, e per certi versi ancora è, trasversale a una certa politica e a una certa Italia, odiato, temuto, e funzionale a quasi tutti. La scelta di raccontare in particolare il periodo della fine della Prima Repubblica, consente a Sorrentino di smitizzare il mito, collocandolo in un’Italia in cui non c’è più posto per l’immobilismo e il tirare a campare e dove quello che fu il deus ex machina della politica italiana, brilla per anacronismo e obsolescenza. E così, mentre in Italia prende il via la Terza Repubblica, sul grande schermo si ripercorre il crollo della Prima: il settimo Governo Andreotti, la fallita ascesa al Quirinale, Tangentopoli, il processo per associazione mafiosa a Palermo e quello a Perugia per l’omicidio Pecorelli, l’imbarazzante entourage della corrente andreottiana della Dc (Pomicino, Sbardella, Evangelisti, Lima e via dicendo). La chiave di lettura con cui il regista affronta il racconto di queste vicende è grottesca, sopra le righe, caricaturale, feroce, visionaria. Viene forse smentito uno dei più celebri detti andreottiani: il potere logora anche chi ce l’ha. E dietro la scenografica messa in scena, si staglia la tenebra del potere, dei misteri non chiariti. Il film ha una produzione di alto livello, soprattutto considerando i non eccelsi standard italiani: una sceneggiatura geniale documenta, al servizio di una regia molto cinematografica, con un cast incredibilmente in sintonia, a partire dal bravissimo Toni Servillo. Giustamente premiato a Cannes, Il divo è diventato il simbolo, insieme a Gomorra, di una delle tante, cicliche, anche se per lo più effimere, rinascite del cinema italiano. Questa volta, però, si può ben sperare. Regia di Paolo Sorrentino; con Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Flavio Bucci, Giulio Borsetti. Cristiano Casagni

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