Il dispiegarsi di un piano di Dio
Nella prima pagina della lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, Giovanni Paolo II invita a ricordare il passato con gratitudine, vivere il presente con entusiasmo e guardare con fede al futuro. È un invito che mi risuona dentro quando penso che ho potuto conoscere sia Chiara Lubich che l’imam WD Mohammed, e che sono stato coinvolto nello sviluppo del rapporto tra questi due straordinari leader. Ora che anche l’imam se n’è andato, appare sempre più evidente come il sogno della loro vita fosse lo stesso: l’unità della famiglia umana. Quale la particolarità del loro rapporto? A questa domanda Chiara stessa rispose anni fa: Il rapporto che ho con l’imam è come con altri leader religiosi, ma diverso allo stesso tempo. Mi sento più a mio agio con lui perché mi sembra che Dio ce l’abbia messo vicino, come pure noi vicini a lui, per un suo piano d’amore, che capiremo quanto più andremo avanti nella comunione e collaborazione. Da parte sua, e questo rivela la sua apertura e umiltà, l’imam Mohammed, pur essendo di razza, religione e sesso diverso, fin dall’inizio ha visto Chiara come un do- no di Dio per i suoi seguaci. Diceva: Lei può toccare i miei nel profondo del cuore in un modo che io non posso fare. E in un’altra occasione: Quello che propone il focolare è qualcosa che la nostra anima conosce e vuole; la nostra anima ne ha fame. Per questo mi considero aperto alla loro influenza. Tutto iniziò in un giorno di sole dell’agosto 1996, quando due limousine nere arrivarono alla Mariapoli Luminosa, la cittadella dei Focolari situata a Hyde Park, vicino a New York. Otto alti e aitanti afro-americani scesero per dirci che l’imam Mohammed sarebbe giunto a momenti. Venivano dal congresso nazionale della Muslim American Society che si stava svolgendo lì vicino. L’estate precedente il card. Keeler, di Baltimora, ci aveva incoraggiato ad incontrare l’imam, che aveva conosciuto alcuni membri del Focolare in Europa. In quella breve, calorosa e gioiosa visita, l’imam spiegò il perché della sua visita: letta la biografia di Chiara, aveva capito come lei fosse ispirata da Dio e voleva saperne di più. Partendo, disse: Non sono ancora partito e già mi mancate. Un mese dopo in San Pietro il card. Keeler presenta a Giovanni Paolo II l’imam, che conclude la settimana trascorsa a Roma con una visita al centro internazionale dei Focolari a Castelgandolfo. Alla notizia che Chiara sarebbe andata il maggio seguente a New York per ricevere un dottorato h.c. alla Sacred Heart University in Connecticut, l’imam esprime il desiderio che lei parli ai suoi nella nota moschea di Malcolm X, ad Harlem. Chiara accetta l’invito e così prendiamo contatto con l’imam della moschea, Izak-el Pasha, e i suoi collaboratori. Seguono mesi di preparativi intensi, che ci rendono familiare la vita colorita e vivace di Harlem. In breve si crea un rapporto sincero, fraterno. Fino al 18 maggio 1997, una data definita in seguito storica, quando tremila persone di diverse fedi, razze e nazionalità affollano le sette sale della moschea, collegate via video, e i dintorni dell’edificio; gli altoparlanti diffondono dai tetti quanto si sta svolgendo all’interno. L’imam Pasha introduce Chiara con amore e rispetto. Poi l’imam Mohammed dice quanto lo abbia toccato il messaggio di Chiara, e come desidera che i suoi lo sentano direttamente da lei; è la diversità che dà gambe, ruote e movimento all’unità per poter andare avanti. Chiara parla della sua esperienza di cristiana e dello scopo del Focolare: lavorare per l’unità. Grida di gioia ed approvazione – Dio è grande -, fanno eco a Chiara quando cita due passi del Corano che parlano dell’amore di Dio per l’umanità e alcune esperienze concrete sulla provvidenza di Dio nella sua vita. Nessuno dei presenti dimenticherà quel giorno ad Harlem quando quella donna bianca, cattolica e italiana, tocca profondamente persone così diverse. Un giornale nazionale cattura i sentimenti di tutti: Quando Chiara Lubich, leader di uno dei gruppi laici cattolici più grandi del mondo, ha preso la parola alla moschea di Harlem il 18 maggio, è entrata a far parte della storia religiosa dell’America . Un momento certamente scritto in cielo è quando, al termine dei discorsi, Chiara stringe un patto di amore reciproco con l’imam Mohammed, nel nome del Dio unico, per lavorare senza sosta alla pace e all’unità. L’imam aderisce con gioia: Il patto è fatto per sempre. Dio mi sia testimone che tu sei mia sorella, io sono tuo amico e ti aiuterò sempre. Vari gli avvenimenti significativi che si sono susseguiti e che sono stati occasione per i seguaci dell’imam Mohammed e i membri del Focolare di costruire rapporti profondi negli Usa, ma non solo. La notizia dell’incontro tra Chiara e l’imam ha avuto una forte influenza nei rapporti tra musulmani e cristiani in Europa e nel Medio Oriente, in molte nazioni africane, nelle Filippine ed in Pakistan. I viaggi a Roma organizzati per gli incontri di musulmani amici del Focolare possono essere considerati come i pilastri portanti del ponte costruito tra le due comu- nità di fede. Da ricordare in particolare quello dell’ottobre 1999. Il nostro gruppo di novanta musulmani degli Usa può partecipare anche al grande incontro interreligioso organizzato da Giovanni Paolo II e dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso in piazza San Pietro. L’imam Mohammed viene scelto per porgere un messaggio in rappresentanza di tutto il mondo musulmano. Ai nostri amici non sembra vero e non riescono a trattenere le lacrime. E ancora più grande è la gioia quando poi l’imam saluta personalmente il papa e gli chiede di benedire il suo lavoro di dialogo con Chiara. Il papa assente calorosamente. Partendo da Roma, l’imam invita nuovamente Chiara negli Usa: Tutto il mondo deve vedere la nostra unità, dice. Un invito che si concretizza il 12 novembre 2000 a Washington. Quasi 6 mila i presenti all’incontro Faith Communities together- Comunità di fede insieme svoltosi al Centro congressi di Washington. Il messaggio del papa, letto dal card. Keeler, sottolinea che il dialogo infrange barriere e pregiudizi. Ci scopriamo membri dell’unica famiglia umana, con le ricchezze della propria cultura e storia. E invita ad essere creativi nel trovare modi sempre nuovi di attuarlo. Chiara conclude il suo intervento con parole di profezia: Il nostro amore serva a comporre in unità le genti, come oggi potete vedere fra noi musulmani e cristiani, a far nascere dovunque il mondo nuovo, rinnovato dall’amore, un mondo in cui tutti si riconoscano fratelli e figli dell’unico Dio. Che lui ci abbracci col suo amore. Dio è grande. Precisa e ferma la risposta dell’imam Mohammed: Tutto quello che Chiara ha detto lo confermo. La vedo come un leader per tutti noi, lo dico sul serio, la vedo come un leader per tutti noi. Un’impressione sintomatica quella dell’imam Daud del Maryland: È l’inizio della guarigione delle tante divisioni dell’America. Quel giorno Chiara riceve molte lettere, specialmente da musulmani che chiedono come andare avanti, e d’accordo con l’imam traccia una linea di programma per degli Incontri nello spirito della fratellanza universale. Lo scopo? Conoscersi reciprocamente per meglio amarsi ed essere una famiglia. Veniva suggerito di alternare questi incontri – in una moschea o in un luogo del Focolare – e di presentare ogni volta, dal punto di vista cristiano e musulmano, un aspetto della spiritualità dell’unità, che anche l’imam vedeva come un dono di Dio per tutta l’umanità, seguito da esperienze di vita, momenti di ricreazione e un pasto comune. Sono ormai passati otto anni e si potrebbe scrivere una storia per certi versi incredibile. Quando ho incontrato l’imam a Chicago alla fine del febbraio scorso, non sapevo che sarebbe stata l’ultima volta. I momenti con lui erano sempre una gioia, lo sentivo amico e fratello. Un mio desiderio di adesso, che penso sia condiviso da tutti quanti hanno preso parte a questa storia, è che d’ora in poi gli Incontri nello spirito della fratellanza universale possano testimoniare che Chiara e l’imam WD Mohammed sono vivi. WARITH DEEN MOHAMMED, l’Imam morto il 9 settembre a Markham, vicino a Chicago, all’età di 74 anni, ha lavorato incessantemente per pace, unità e riconciliazione. Dopo aver ereditato la Nation of Islam dal padre Elijah Muhammad nel 1975, ha cercato di indirizzarne i seguaci verso una pratica musulmana tradizionale, sottolineando la tolleranza razziale e l’universalità. Ha anche cercato di abbattere barriere tra musulmani afroamericani e immigranti dal Medio Oriente e Asia. Per i suoi sforzi interreligiosi, fu eletto nel 1999 tra i presidenti della Wcrp, la Conferenza mondiale delle religioni per la pace.