Il Dio del Silenzio e della Parola

«… senza l’esperienza e l’esercizio di un “nuovo ascolto” non c’è “nuova evangelizzazione”».
Un sacerdote in ascolto

Il mondo ha bisogno della Parola di Dio. E per questo la Chiesa ha bisogno di ascolto.
Dobbiamo infatti chiederci, come cristiani: siamo davvero capaci di ascolto, siamo educati all’ascolto – all’ascolto di Dio, che in Gesù ci dice “la” Parola, e all’ascolto dell’uomo che grida e chiede “la” Parola, anche se in modi scomposti e contraddittori?
È la Chiesa, dunque, che innanzi tutto ha bisogno di ascolto, e cioè di riapprendere quell’attitudine radicale in cui diventiamo capaci – dal silenzio – di riascoltare la Parola di Dio.
Mi pare sia sfuggito ai più quanto Benedetto XVI ha puntualizzato nella sua bella lettera sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa: «Il nostro dev’essere sempre più il tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione». Ecco: senza l’esperienza e l’esercizio di un “nuovo ascolto” non c’è “nuova evangelizzazione”.
Il Dio della Parola, in realtà, è egli stesso il Dio dell’ascolto e del silenzio. Se in principio – si legge nel prologo del quarto vangelo – c’è la Parola, è perché in principio c’è il Silenzio. Lo scrive Sant’Ignazio di Antiochia: «C’è un solo Dio che si è manifestato per mezzo di Gesù Cristo suo Figlio, che è la sua Parola uscita dal Silenzio».
Quante delle nostre parole lasciano il tempo che trovano, anche quando, nel migliore dei casi, sono umanamente brillanti e lì per lì incisive! Le nostre parole – chiediamocelo – veicolano davvero la Parola, ne sono segno, eco, trasparenza? Lo diventano se e quando son state generate dal silenzio che in noi ha accolto la Parola.
Senza dimenticare che la Parola di Dio, che è insieme gesto di liberazione e di salvezza, non solo nasce dal silenzio, ma è pronunciata e agíta da Dio dopo che egli ha ascoltato il grido del suo popolo. Leggiamo nel libro dell’Esodo: «Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Allora Dio ascoltò il loro lamento e si ricordò della sua alleanza» (2,23-24).
Dio ascolta il grido dell’uomo, ne ha compassione, scende e, condividendo la sua condizione, gli dice e gli dona la Parola che lo libera. E tanto lontano giunge questa condivisone che il Figlio, la Parola, alla fine si fa egli stesso grido – sulla croce.
Questo paradosso è la via maestra della “nuova evangelizzazione”. Altrimenti, si moltiplicano le parole che passano sopra la testa e lasciano il tempo che trovano. Si batte l’aria o – come lamenta il profeta Isaia – ci si dà tanto da fare ma si partorisce solo vento.

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